Sui mercati valutari l’euro-dollaro si stabilizza



Nella settimana cominciata con lunedì 25 marzo, l'euro ha toccato il minimo dei quattro mesi contro il dollaro, portandosi fino a 1,2816, con gli hedge fund che hanno venduto la moneta unica in scia alle crescenti preoccupazioni che agli investitori privati vengano imposte ampie perdite nei futuri salvataggi della zona euro. 

Questi timori si sono poi per ovvie ragioni intensificati dopo l'accordo per il salvataggio di Cipro da poco raggiunto con le autorità europee.

Da ricordare che nel corso del 2013 l'euro ha ceduto circa il 3% contro il dollaro, proprio a causa del riaffacciarsi della crisi del debito della zona euro nel radar degli investitori. 

Come sottolinea in una nota di commento della sessione di mercato del 26 marzo, Davide Marone, analista finanziario di Fxcm Italia, "l’euro-dollaro si è stabilizzato attorno al valore medio di 1,2850, muovendosi in range tra l’1,2885 e l’1,2840, complice anche l’attenuarsi della luce dei riflettori sulla questione Cipro.

L’altro benchmark di riferimento a livello europeo - prosegue Marone - il Dax, ha pressoché ricalcato la medesima dinamica e mantiene forte il supporto a 7.855 da cui dipenderanno i possibili scenari ribassisti, mentre il Ftse Mib ha mal risposto a un inatteso calo dei rendimenti sui titoli dei Bot a 6 mesi (allo 0,831% dal precedente 1,237%) andando a rompere il livello di 15.600 per nuovi minimi relativi a 15.400, livello pericoloso per discese ancora più importanti".   



Fugnoli: "Niente più euro se la recessione non finisce presto"


Addio all'euro se la recessione non finisce presto. Questa la posizione che Antonio Fugnoli, esperto finanziario di Kairos, esprime nel suo consueto studio settimanale "Il rosso e il nero". 

Qui Fugnoli scrive: "La vicenda di Cipro aumenta la sfiducia sull’euro e sull’Europa in un momento in cui proprio non ce ne sarebbe bisogno. A onore della cancelliera tedesca Angela Merkel bisogna dire che in questo modo i pacchetti di salvataggio riescono a passare al Bundesbank, mentre l’opposizione interna all’euro rimane abbastanza circoscritta". 

Tuttavia, prosegue l'esperto, "se il prezzo è l’avvitamento nell’austerità e nella recessione di mezzo continente è solo questione di tempo prima che l’opposizione all’euro nei paesi in crisi (e, specularmente, in Germania) si coaguli e prenda forza. Tre anni fa, ai primi segni di crisi economica, molti osservatori hanno ipotizzato fratture sociali e stati di rivolta che poi non si sono verificati. Oggi si rischia di cadere nell’errore di credere a una tenuta permanente di società e modelli politici che non sono per nulla attrezzati per una decrescita senza fine. Il benessere accumulato nel dopoguerra ha molto attutito la crisi e ha rallentato i tempi di reazione, ma il voto italiano mostra che la capacità di soffrire senza intravedere una via d’uscita non è infinita".

Ecco perché, a giudizio di Fugnoli, "l'euro non ha molto tempo per mostrare di essere qualcosa di più di uno strumento per fare follie prima e penitenze senza fine più tardi". In tale contesto, "Merkel, che ha un grande senso del timing e un’eccellente percezione del momento in cui la corda tirata rischia davvero di spezzarsi, ha compiuto una prima spettacolare ritirata in agosto con l’accettazione della mutualizzazione del debito attraverso la Bce e ne sta compiendo una seconda, altrettanto spettacolare, sulla politica fiscale dei paesi mediterranei in crisi, cui vanno aggiunte Francia e Olanda in stagnazione. 

L’austerità è finita, gli obiettivi di disavanzo sono stati spostati in avanti nel tempo e tutto fa pensare che non verranno nemmeno rispettati. Il motore fiscale della stabilizzazione (e di una debole ripresa) è dunque già partito - conclude Fugnoli - ma la crisi che ci portiamo dietro produrrà ancora, inerzialmente, effetti ritardati particolarmente sgradevoli, come l’aumento della disoccupazione in Italia nei prossimi mesi".          


Sui mercati valutari torna la calma



Mentre la mattina del 21 marzo il cross euro-dollaro si è riportato in area 1,29 e i trader rimuginano sulle vicende cipriote, accompagnati dal dubbio che - a prescindere da come si concluda -  il precedente creato possa non di meno assestare il colpo di grazia mancante alla credibilità del sistema bancario, la situazione sui mercati sembra destinata a tornare calma, per quanto in assenza di una soluzione difficilmente gli investitori potranno tornare ad acquistare a mani basse e proseguire il rally di inizio anno.

"Nonostante oggi in Europa - affermano Michael Hewson (Senior Market Analyst) e Ben Taylor (Sales Trader) di Cmc Markets nella consueta nota quotidiano in cui fanno il punto sul Forex - siano attesi miglioramenti nelle letture dei dati manifatturiero e dei servizi, il quadro economico generale è comunque debole con l'unica eccezione della Germania. 

Le minute della Fed hanno mostrato neutralità circa la possibilità di un'uscita anticipata dalle misure di politica monetaria straordinaria  decise nel 2012 e ciò ha portato un immediato beneficio all'euro-dollaro, che ha fermato la propria emorragia riportandosi verso un possibile rimbalzo a 1,3030. 

Sul cambio sterlina-dollaro quota 1,5200 continua a cappare ulteriori rialzi mentre non si esclude un ritracciamento della moneta unica a 0,8480 nei confronti del pound. 


Il dollaro - concludono gli esperti valutari di Cmc Markets - continua a manifestare una buona resistenza contro yen con possibilità di un ritorno verso 99,80".     



Euro, prova di forza dopo il caso Cipro



"Prova di forza della moneta unica europea dopo la brutta notizia che ha colpito i mercati durante il week-end riguardante Cipro e i 10 miliardi di aiuti da parte dell’Unione Europea". Ecco il commento che giunge da parte di Matteo Paganini, Chief Analyst di Fxcm Italia dopo la giornata finanziariamente molto movimentata di lunedì 18 marzo, quando i mercato finanziari hanno fortemente risentito del salvataggio di Cipro deciso nel weekend. "Gli indici americani - sostiene Paganini - hanno virato in positivo e l'euro ha sfiorato nuovamente quota 1,30 contro il dollaro americano. Sembra che la situazione sia già stata digerita, ma attenzione a nuovi potenziali tentativi ribassisti che fino a quando si manterranno sopra 1,2875 scongiurano il pericolo di discese importanti".

Lo scorso fine settimana il governo cipriota e l’Unione europea si sono accordati per fissare un'imposta sui depositi bancari che arriva al 6,7% per quelli di ammontare inferiore ai 100.000 euro mentre per quelli di importo superiore il prelievo forzoso sale al 9,9 per cento. Tuttavia, solo martedì 19 marzo si saprà se il Parlamento cipriota ratificherà il piano di salvataggio negoziato con i finanziatori internazionali.

In vista del voto, il governo di Nicosia, secondo indiscrezioni, starebbe lavorando a una proposta per smorzare l'entità del prelievo sui conti bancari dei piccoli risparmiatori, che potrebbe così scendere dal 6,7% al 3% per i conti bancari sotto i 100.000 euro, mentre per quelli di entità superiori potrebbe crescere al 12,5 per cento.


Euro-dollaro, Cmc Markets si aspetta il rimbalzo



Mentre nella tarda mattinata del 15 marzo il tasso di cambio euro-dollaro è schizzato ai massimi di giornata sopra 1,306, gli esperti di Cmc Markets, nella consueta nota che fa il punto valutario fanno sapere di attendersi un rimbalzo. 

Scrivono Michael Hewson (Senior Market Analyst) e Tim Waterer (Senior Trader) di Cmc Markets: "In attesa del solito comunicato congiunto a conclusione del Consiglio europeo dei capi di Stato che indichi come ci sia bisogno di maggior flessibilità, la realtà ci dice che  - senza una buona dose di stimoli alla crescita che la Germania in questo momento non può avallare almeno fino alle elezioni di settembre - il quadro europeo non cambierà, un elemento che probabilmente non è ancora stato "prezzato" dagli investitori, visti i nuovi guadagni registrati anche ieri.


Non solo. A parere degli esperti di Cmc Markets, "un'altra nota insolita è stata emessa dal governatore uscente della BoE Mervyn King, secondo il quale il pound è sottovalutato, con ciò dismettendo le indiscrezioni che davano la banca centrale inglese come propensa a nuovi stimoli monetari".

A questo punto, secondo i due esperti, Hewson e Waterer, "sull'euro-dollaro potremmo assistere a un rimbalzo verso 1,3060 prima e verso 1,3130 poi, mentre il cross sterlina-dollaro - che ieri si è riportato sopra 1,5020 - potrebbe ben tornare sopra 1,52. 

Euro sotto pressione nel cambio con la sterlina sembra voler testare 0,8570".           



Draghi: “Basta coi discorsi sulla guerra delle valute”



Nuovo intervento a gamba tesa del presidente della Banca centrale europea (Bce) sulla questione della guerra delle valute. 

I continui "discorsi" su questo tema, ha detto Draghi parlando a una conferenza stampa congiunta con il presidente della Banca di Russia, Sergey Ignatiev, a Mosca, dove parteciperà ai lavori del G20, sono "inopportuni e inutili, in ogni caso controproducenti". 

Draghi ha ribadito che i tassi di cambio nominali ed effettivi della valuta unica sono "nel complesso intorno la media di lungo termine". 

"Il tasso di cambio - ha detto Draghi, rispondendo alle domande dei giornalisti - non è un target nelle nostre politiche ma è importante per la crescita e la stabilità dei prezzi". 

I tassi di interesse nell'Eurozona, ha dichiarato altresì Draghi, "sono al momento effettivamente molto bassi" e la politica monetaria della Bce resta "accomodante". Il numero uno della Bce ha inoltre ricordato che l'Eurotower continuerà a fornire finanziamenti al sistema bancario con volume illimitato.

I dati in arrivo dalla congiuntura dell'Eurozona, ha anticipato Draghi, "sono più negativi del previsto" e "nella parte più bassa di quanto all'incirca ci aspettavamo". Secondo la Bce, ha detto Draghiil suo governatore, "stanno aumentando i segnali di una stabilizzazione dell'attività economica nell'Eurozona, anche se a bassi livelli" e di una "normalizzazione sui mercati finanziari".

"Non riteniamo che gonfiare i deficit di bilancio per creare domanda sia sostenibile", ha inoltre chiosato Draghi. 



Guerra delle valute asiatiche. E' la Cina che manipola?



Mike Riddell, gestore del fondo M&G Emerging Markets Bond, torna sulla guerra sulle valute asiatiche, domandandosi se è la Cina il reale "manipolatore". "Dopo la crisi finanziaria che colpì l’Asia nel 1997 - fa notare Riddell - le economie della regione hanno in genere adottato politiche volte a mantenere le valute artificialmente basse, per favorire una crescita trainata dalle esportazioni. Col tempo le autorità hanno subito pressioni sempre maggiori, soprattutto da parte degli Usa, a favore di un apprezzamento". Tuttavia, ora che l’Asia dipende fortemente dall’export, questo modello economico non è più valido. "Le economie basate sull’esportazione - tira le somme il gestore di M&G - si contendono quindi una domanda sempre più esigua, o per lo meno stabile".

Ecco che allora scoppia la guerra delle valute. "La svalutazione attuata dalla Cina nel 1994 - osserva Riddell - viene spesso citata tra i fattori scatenanti della crisi finanziaria del 1997. Considerato che per molti Paesi asiatici il Giappone è oggi un partner commerciale più importante di quanto non fosse la Cina nel 1993, una forte svalutazione dello yen non potrebbe avere effetti altrettanto devastanti sulla regione? In febbraio le esportazioni cinesi sono cresciute all’eccezionale tasso annuo del 21,8%; tuttavia - conclude l'esperto di M&G - sarà interessante scoprire se tale ritmo è sostenibile, se altri Paesi della regione possono risollevare un export in declino e, in caso contrario, che cosa intendono fare governi e banche centrali locali".


Bild: Bce preoccupata per andamento dell’euro



La Banca centrale europea (Bce), e i Paesi dell'Eurozona, sono preoccupati che ulteriori rialzi  dell'euro possano danneggiare le esportazioni e ritardino l'uscita dell'area dalla crisi debitoria. 

E' quanto scrive il 13 febbraio il quotidiano tedesco "Bild", senza tuttavia citare le fonti.

Lo stesso giornale riferisce le parole del numero uno della Bce, Mario Draghi, secondo cui i Paesi
periferici dell'Eurozona (Grecia, Spagna, Portogallo, Italia) "stanno mettendo a segno evidenti progressi, stanno affrontando il problema della competitività e devono continuare gli sforzi di riforma", ma si tratta "di una strada lunga e difficile e non siamo ancora arrivati alla meta". 

Per Draghi, le riforme in questi Paesi "servono a un migliore funzionamento delle economie. Questo va a vantaggio di tutti i cittadini". Malgrado il miglioramento messo a segno a livello di deficit, commercio estero e livello dei tassi, la disoccupazione in alcuni Paesi, come Spagna, Portogallo e Grecia, è ancora molto elevata e in Grecia, l'economia è ancora in recessione.

Intanto, il 13 febbraio la Bce ha assegnato liquidità per 1 miliardo di dollari nel corso dell'asta swap settimanale condotta nel quadro della cooperazione con lo sportello Taf della Riserva Federale. 

All'asta, tenuta al tasso fisso dello 0,65% e con durata sette giorni, ha partecipato una banca come la settimana scorsa e anche il volume è invariato rispetto alle ultime due operazioni di questo tipo.

La linea di credito concordata con la Fed resterà aperta, secondo quanto annunciato nel 2012, fino al febbraio 2014.


Euro-dollaro in trappola



Nel Macromonitor, l'appuntamento settimanale sui mercati finanziari a firma dell'economista di Banca Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, anche questa volta si puntano i riflettori verso l'euro-dollaro. "Sul mercato dei cambi - osserva Seminerio - il rapporto sull’occupazione statunitense a febbraio contribuisce a sostenere alcune delle tendenze emerse in modo più evidente sui mercati da inizio anno: azionario statunitense più forte, rendimento dei Treasury in ascesa, dollaro mediamente in rafforzamento e andamento contrastato delle valute di paesi produttori di materie prime".

Secondo l'economista di Mps, in particolare, "quest’ultimo elemento è apparentemente incoerente, considerata l’accelerazione nella crescita delle economie asiatiche (Giappone incluso), la continua espansione dei bilanci delle maggiori banche centrali (con l’eccezione della Bce) e l’impatto sinora contenuto di alcuni eventi di elevato rischio potenziale, quali le elezioni italiane e i tagli automatici di spesa statunitensi. Probabilmente - conclude Seminerio - su tale andamento cedente delle valute dei produttori di materie prime influisce il fatto che molte di esse sono in fase di allentamento di politica monetaria.

Indirettamente, tale tesi trova riscontro nel fatto che solo le valute di paesi prossimi ad entrare in fase di restrizione monetaria stanno facendo segnare progressi, come nel caso del real brasiliano.

Nel report quotidiano sulle valute, diffuso nel pomeriggio dell'11 marzo, invece, l'analista finanziario di Fxcm Italia Davide Marone fa notare: "Come ormai da copione, questo lunedì si rivela una giornata con scarsa volatilità e nessun movimento direzionale sia sul fronte valutario che su quello azionario e delle commodities. 

L’euro-dollaro continua a rimanere intrappolato nel range delimitato al rialzo da 1,3020, mentre il dollaro americano cede qualcosa dopo il rally di venerdì in particolare contro i dollari australiani, canadesi e neozelandesi, ben spinti dalle riprese del prezzo del rame (risalito dal 3500), che influenza da sempre l'andamento delle cosiddette commodities currencies. 

Vale la pena perciò osservare i punti di prezzo di maggiore attenzione per i primi strappi di volatilità in grado di spostare i prezzi a partire dalla prossima sessione asiatica".



Macromonitor: “Lo yen potrebbe rafforzarsi nel breve termine”


Mentre all’inizio del pomeriggio del primo giorno della settimana il tasso di cambio euro-dollaro viaggia a 1,3391, giunge la consueta analisi del lunedì firmata dall'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminario. 

Che nel suo "Macromonitor", nella parte dedicata al mercato valutario, scrive: "Febbraio è iniziato con una parziale inversione dei movimenti di gennaio. 

L’euro ha restituito circa la metà del proprio rafforzamento nel primo mese dell’anno, lo yen circa un quarto delle proprie perdite ed il franco svizzero metà delle proprie, in un movimento correttivo che appare aderente a una migliore valutazione della realtà".


Nel frattempo, la Banca centrale europea (Bce), nella seduta di giovedì scorso da cui è uscito un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse dei paesi dell’area dell’euro, come evidenza Seminerio nello studio settimanale, "ha segnalato che la liquidità in eccesso resterà ampia (sopra il livello di 200 miliardi), malgrado i rimborsi anticipati dei prestiti Ltro da parte del sistema bancario". 

Questo, secondo l'economista Seminerio, "limiterà l’ascesa dei tassi a breve termine, riducendo il potenziale di apprezzamento dell’euro". 

Non solo: "Il G20 della settimana prossima è atteso ad una valutazione della situazione sullo yen, e Tokyo potrebbe essere criticata per la rapidità e la volatilità del movimento, qualcosa che il governo Abe ha in parte già riconosciuto. 

Lo yen potrebbe quindi rafforzarsi nel breve termine, senza contare che la reflazione al livello del 2 per cento di prezzi al consumo potrebbe rivelarsi velleitaria".


La Bce mantiene i tassi invariati allo 0,75%


Dalla riunione della Banca centrale europea (Bce) del 7 marzo è giunto un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse, che pertanto sono stati confermati ai minimi di sempre pari allo 0,75 per cento.

La decisione era attesa dal mercato. L'Eurotower ha lasciato invariati anche il tasso marginale all'1,5% e quello sui depositi a zero. Tuttavia, il numero uno della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che ha seguito la decisione sui tassi, ha fatto sapere che "è stata vocata la possibilità del taglio dei tassi ma ha prevalso il no".

Come evidenzia Davide Marone, analista valutario di Fxcm Italia in una nota diffusa il 7 marzo a mercati chiusi, “l’evento catalizzatore della giornata, oltre che della settimana, è stata la conferenza stampa del presidente della Mario Draghi successiva alla decisione sui tassi d’interesse, rimasti invariati come ampiamente previsto. 

Il tono del banchiere centrale - prosegue Marone - è stato piuttosto dovish e non vi sono stati riferimenti diretti al tasso di cambio euro-dollaro, mentre molto sommario è stato il cenno circa la possibilità di futuro taglio dei tassi, che ad ora non rappresenta uno scenario probabile. 

La volatilità, compressa per gran parte della settimana, è così potuta esplodere a favore di un rialzo per l’eurodollaro in grado di portarsi dai minimi addirittura sulle resistenza in area 1,3120 dove sta andando a consolidarsi sulle prime prese di profitto". 


Secondo Marone, è dalla tenuta di questo livello "che dipende il prossimo scenario del cambio". Intanto, l'8 marzo è atteso al banco di prova dal dato sulla disoccupazione americana.



Morgan Stanley Research chiude la posizione long sull’euro-dollaro



Gli economisti di Morgan Stanley Research chiudono la loro posizione long, ossia rialzista, sull'euro-dollaro. A farlo sapere sono gli stessi analisti, in una nota inviata il primo marzo dove si concentrano sul forex. "Il contesto politico incerto - scrivono - che segue le elezioni italiane ha messo fine allo scenario di overshoot della moneta unica".

Ecco perché adesso Morgan Stanley Research suggerisce che "un ulteriore potenziale upside del cross euro-dollaro nei prossimi mesi è probabile che sia più limitato", mentre per quel che riguarda un orizzonte di più breve termine "i rischi si sono spostati per un downside", ossia un movimento al ribasso del cambio.

Intanto, la mattina del primo marzo, l'euro-dollaro appare stabile sui mercati dei cambi a quota 1,3074 dopo l'uscita di alcuni dati macroeconomici. Secondo gli esperti di Cmc Markets, "l'eurodollaro continua a mantenersi sopra 1,30 con prossima resistenza a 1,3160", mentre "il cross sterlina-dollaro deve rafforzarsi oltre 1,5270 per riagguantare area 1,5400 mentre l'euro tentenna nei confronti della sterlina con tendenza ribassista confermata solo sotto 0,8580". Sempre a parere degli esperti valutari di Cmc Markets, il cross dollaro-yen "sopra i 92,40 riapre la porta per area 93,20 prima e 94 poi".



Natixis Asset Management: in Italia rischio di voto anti euro



Economisti ed esperti di mercato cominciano a fare i conti con le conseguenze del risultato elettorale italiano del 24 e 25 febbraio. In uno studio ad hoc Philippe Waechter, capo economista di Natixis Asset Management (parte del gruppo Natixis Global Am – Ngam), ha puntato i riflettori sullo scenario del dopo elezioni in Italia e sui rischi che si prospettano per l’area dell'euro. 

Ecco quello che secondo Waechter è un punto interessante: "Gli italiani si sono riappropriati del proprio potere decisionale a livello politico -osserva - e quindi non potranno più puntare il dito contro l’Europa. Lo scenario che appare più probabile è quello di nuove elezioni, la cui data dovrà essere stabilita anche in base a quella delle elezioni presidenziali a suffragio indiretto di metà maggio. In questo periodo, a parte sperare in un contesto politico più positivo, le dinamiche dell'attività economica e dell’occupazione peseranno sullo stato d’animo della popolazione".

E secondo l'esperto di Natixis Asset Management, "se il contesto non sarà in via di miglioramento al momento delle elezioni, il rischio è quello di un massiccio voto di protesta anti Europa e anti euro. A quel punto, la situazione sarà molto preoccupante perché in tal caso potrebbero tornare i timori sulla stabilità dell’area euro e la volatilità potrebbe aumentare ulteriormente. 

Questo penalizzerebbe ulteriormente la dinamica dell’area euro, ritardando la ripresa del ciclo economico europeo. Al di là delle dinamiche interne - conclude Waechter - l’altro grande rischio è che il mondo intero non si interessi più all’Europa e all’area euro. Se in Europa continuerà a prevalere la volontà di essere virtuosi a tutti i costi, il mondo andrà avanti senza di noi. Questo scenario si sta già profilando. Possiamo solo sperare che non peggiori".    


Euro-dollaro: gli esperti attendono l’esito delle elezioni politiche italiane



Il "macromonitor" di questa settimana firmato dall'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, punta i riflettori verso i movimenti del dollaro statunitense e verso l’esito delle elezioni politiche italiane. "Sul mercato dei cambi - scrive l'esperto di Mps - si segnala la ripresa in settimana del dollaro, su aumento di avversione al rischio. Da inizio anno - prosegue Seminerio - il biglietto verde si è apprezzato contro yen, sterlina e alcune divise asiatiche emergenti, mentre ha perso terreno contro euro, valute scandinave e alcune latino-americane come il real brasiliano".

A parere di Seminerio, "questi movimenti hanno condotto alla minore correlazione tra mercati valutari globali registrata nell’ultimo decennio". Riguardo il cross euro-dollaro, "le previsioni devono necessariamente tenere in conto i movimenti indotti da aumento di incertezza in Eurozona, anche legata agli esiti elettorali italiani: secondo alcune stime, ogni 50 punti-base di allargamento degli spread (calcolati sul titolo di stato quinquennale) determinano un indebolimento dell’euro di 2 centesimi, e stesso effetto viene prodotto da un calo di 10 punti-base delle aspettative sui tassi della Bce rispetto a quelli della Fed".


E’ evidente gli esperti di valute ritengono che, oltre a tutta una serie di dati macroeconomici da osservare attentamente nella settimana cominciata il 25 febbraio, anche il risultato delle elezioni politiche italiane del 24 e 25 dello stesso mese potrebbe in qualche modo influenzare l'andamento del cross euro-dollaro. In attesa di conoscerlo, gli economisti di Cmc Markets, dal canto loro, vedono un euro-dollaro "più incline a tornare verso 1,29 almeno finché non riesce a tornare sopra 1,3320".




Schroders: gli investitori temono una ripresa dell’inflazione



Gli investitori guardano alle mosse, soprattutto sui tassi di interesse, della Banca centrale europea (Bce) e hanno paura dello spettro dell'inflazione. È quanto emerge dal sondaggio condotto da Schroders nel corso dell’ultima Investment Conference, che ha visto la partecipazione a Londra di oltre 125 investitori professionali provenienti da società di distribuzione di più di 30 Paesi in Europa, Medio Oriente e America Latina. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere il proprio parere sulle differenti asset class e di commentare l’operato della Bce, ovvero se questo possa determinare uno scenario inflazionistico.

I risultati del sondaggio mostrano che il 75% dei rispondenti ritiene che gli interventi della Banca Centrale aiuteranno a far ripartire il credito bancario e a stimolare la crescita a livello globale. La maggior parte (76%) teme tuttavia che questo comporterà un aumento dell’inflazione superiore al 4% annuo entro i prossimi cinque anni. Solo il 13% ritiene che il proprio portafoglio sia sufficientemente coperto contro il rischio inflazionistico.

In questo scenario potenzialmente inflazionistico è ampiamente condivisa l’opinione (89%) che, fino alla fine del 2013, i rendimenti più elevati giungeranno dall’azionario globale: il 68% degli intervistati dichiara di essere attualmente sovrappesato in questa asset class. All’interno dell’azionario globale emerge inoltre un chiaro interesse per i titoli europei, che secondo il 58% saranno i più performanti dell’anno. Questo dato conferma il risultato già emerso nel sondaggio della precedente edizione di ottobre, dove il 41% aveva affermato che, entro la fine dell’anno, avrebbe aumentato l’esposizione all’azionario Europa nei portafogli dei propri clienti.



L’euro-dollaro ritraccia dopo i dati macroeconomici



La mattina del 21 febbraio, sul mercato dei cambi, l'euro-dollaro viaggia in calo a 1,3190 dopo alcuni dati macroeconomici. 

E', infatti, peggiorata la contrazione dell'attività del settore privato in Europa nel mese di febbraio. 

Il Pmi preliminare manifatturiero per l'Eurozona è sceso leggermente a febbraio a 47,8 punti da 47,9 punti, contro stime che vedevano il dato a quota 48,3. 

L'indicatore composito è sceso a 47,3 punti da 49 contro stime che lo prevedevano stabile a 49 punti.

Il Pmi servizi è calato a 47,3 da 48,6 (stime a 49). In Francia, il Pmi composito è sceso a 42,3 punti da 42,7, sui minimi dal marzo 2009. Il Pmi manifatturiero è migliorato a 43,6 da 42,9. Migliore la situazione in Germania, dove il Pmi è superiore ai 50 punti e indica espansione: l'indice composito è comunque peggiorato a 52,7 da 54,4, mentre quello manifatturiero è salito da 49,8 a 50,1.

Tornando all'euro, proprio il 20 febbraio, Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, nel consueto studio giornalieri sui mercati dei cambi, scriveva: "Ci troviamo ora in territorio propedeutico ad ulteriori discese, che confermano come tutte le valute, a parte l’euro, stiano ottenendo delle svalutazioni più o meno volute.

La moneta unica europea - proseguiva Paganini - dopo aver rotto a rialzo i livelli di resistenza passanti tra 1,3380 e 1,3400 ha esteso fino alle prime resistenze ed ora offre la possibilità di assistere ad ulteriori rialzi nel momento in cui i supporti dovessero tenere, a causa del fatto che le politiche monetarie in atto risultano essere ben scontate degli investitori, che in momenti di propensione al rischio hanno mostrato volontà (anche se non conclamata e confermata) di procedere ad acquisti di moneta unica europea".


Merkel: “Euro-dollaro normale tra 1,30 e 1,40”



L'euro-dollaro tra 1,30 e 1,40? 

Non c'è nulla di male. A sostenerlo è stata Angela Merkel, cancelliera tedesca, il 20 febbraio, a Berlino, di fronte a una platea di economisti riuniti per il 50simo anniversario del Consiglio dei Cinque Saggi. "Corsi compresi tra 1,30 e 1,40 dollari sono nella normalità nella storia dell'euro. 

Noi, come Governo tedesco, siamo a favore di un libero andamento del corso di cambio dell'euro" e "non consideriamo fattibile una politica di cambio attiva".

Il Governo tedesco, ha tra l'altro aggiunto Merkel, lavora perché anche tutti gli altri Governi si attengano a una politica di libera evoluzione della valuta unica sui mercati. A questo fine, la cancelliera tedesca ha definito "un segnale importante" il comunicato congiunto dei Ministri finanziari del G20 da Mosca, nel quale si auspica il libero movimento dei tassi di cambio, cercando così di fermare sul nascere qualsiasi dibattito sulla presunta "guerra delle valute" in corso tra le principali aree economiche mondiali.

Nel suo intervento, Merkel ha anche detto di capire i timori e le preoccupazioni dei Paesi dell'Europa meridionale che sono riusciti "con grandi sforzi ad abbassare i costi unitari del lavoro" seppure nel quadro di un regime di tassi di cambio fissi dell'euro.

Nel suo discorso, la cancelliera ha anche indirettamente criticato l'atteggiamento di Tokyo, senza mai nominare il Giappone: "Vediamo - ha detto - che ci sono a intervalli regolari dei tentativi di deprezzare la propria valuta, attraverso misure di politica monetaria, così da aumentare la capacità export". Intanto, nel primo pomeriggio del 20 febbraio, il tasso di cambio euro-dollaro viaggia nei pressi di quota 1,337.    



Lo yen recupera terreno


Nella seduta di mercato del 19 febbraio, la Borsa di Tokyo ha terminato con un calo dello 0,31% dell'indice Nikkei 225 a 11.372,34 punti sulla scia di un contenuto apprezzamento dello yen. 

Il progresso della moneta nipponica, che anche se modesto ha spinto alcuni operatori a realizzare su titoli di imprese legate al settore dell'export, ha fatto seguito alle affermazioni del ministro giapponese delle Finanze, Taro Aso, che ha detto di non aver intenzione di domandare alla Banca del Giappone (BoJ) di acquistare obbligazioni di Paesi esteri e di non modificare la legge che governa la BoJ.

"Dopo la giornata di ieri, dove non si è certo manifestata volatilità - commenta Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, in una nota diffusa il 19 febbraio - oggi potrebbero tornare dei movimenti interessanti sul mercato. 

Il discorso di Draghi al Parlamento Europeo è passato in sordina, senza mostrare nessun effetto sulla moneta unica europea, che sta congestionando ancora tra 1,3300 e 1,3400, livelli che potrebbero portare ad accelerazioni, una volta rotti, verso 1,3250 o 1,3460 (con 1,3430 resistenza intermedia)".

Sul fronte dello yen, secondo Paganini, "dopo la pubblicazione delle minute della BoJ, all’interno delle quali si sono confermati i messaggi sui nuovi target di inflazione previsti al 2% (motivazioni macroeconomiche accettate di buon grado da tutti per giustificare i movimenti di svalutazione, o meglio, secondo quanto volutoci trasmettere dai leader mondiali, di perdita di valore relativa dello yen) abbiamo assistito ad un tentativo di recupero della valuta nipponica, sia contro euro che contro dollaro, senza tuttavia aver visto la rottura delle resistenze, che per il momento rimangono valide e possono portare a nuove partenze a ribasso per la valuta giapponese". 

Ultimo punto d’attenzione, secondo l'esperto valutario di Fxcm Italia, "risulta il dollaro australiano, dove la Rba ha lasciato intendere che potrebbe procedere a nuovi tagli di tassi a causa del rallentamento in essere dell’economia e all’inflazione in discesa (i prezzi delle materie prime di certo non aiutano l’Australia, grande esportatore, in questo momento)".    


Mig Bank non è più ribassista nei confronti del dollaro



Secondo molti osservatori, le politiche monetarie estremamente accomodanti e non ortodosse di questi giorni altro non sarebbero se non vere e proprie guerre valutarie sotto copertura, molto simili a quelle messe in atto negli anni Trenta. 

Una posizione rispetto alla quale il capo economista di Mig Bank Luciano Jannelli, non si trova d'accordo per una serie di ragioni. "Primo - afferma - perché, se l'obiettivo fosse il deprezzamento del valore nominale di tali monete si potrebbe facilmente concludere che saremmo di fronte a un insuccesso". 

In secondo luogo, prosegue l'esperto, "perché tipicamente le guerre valutarie portano alla distruzione dei rapporti commerciali e della produzione. Come vediamo, invece, la situazione attuale è molto diversa".

Ma per Jannelli l'aspetto forse più interessante da portare all'attenzione è che "probabilmente nel corso del prossimo anno potremmo assistere all'inversione di marcia di un declino quarantennale del dollaro Usa nei confronti delle principali monete". 

Secondo l'esperto, "per quanto nel lungo periodo ci siano indubbiamente degli effetti tra il tasso di cambio e la bilancia commerciale dei singoli paesi, nel periodo immediatamente successivo di uno shock enorme sulla domanda aggregata avrebbe probabilmente più senso guardare direttamente alla spesa che non agli effetti immediati sui prezzi. 

Ecco perché, dal mio punto di vista, per quanto riguarda gli Usa il miglioramento del trade balance ha più a che fare con la riduzione della domanda che non con (l'inesistente) deprezzamento dell'USD (infatti la riduzione del deficit di bilancio è andata di pari passo con l'incremento dei risparmi)". 

Jannelli, che sul biglietto verde è stato ribassista negli ultimi dieci anni, ora ha deciso di cambiare la propria view: "Per quanto, nel breve termine, potremmo assistere a un ulteriore apprezzamento delle monete a maggior rendimento come l'euro (specialmente se il quadro macroeconomico dovesse continuare a migliorare), ritengo che a un certo punto il rimpatrio di alcune attività manifatturiere verso gli Usa e la rivoluzione nell'industria dell'energia potrebbero rappresentare dei segnali di sostenibilità a lungo termine della crescita dei risparmi. 

E molto probabilmente a determinare questa reazione sarà ancora una volta l'azione della Fed".    


Euro-dollaro a 1,34 dopo la Bce e le parole di Draghi



Apertura dell'euro-dollaro a quota 1,34 nella seduta di venerdì 8 febbraio, il giorno dopo la riunione della Banca centrale europea (Bce), che ha lasciato i tassi di interesse di Eurolandia invariati. 

Sul tasso di cambio dell'euro, ha dichiarato il presidente della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che segue la decisione sul costo del denaro europeo, "prima di tutto, bisogna dire che l'apprezzamento della valuta unica è un segnale di ritorno di fiducia nell'Eurozona. 

Al netto della fiducia, bisogna aggiungere che i cambi devono riflettere i fondamentali e, in via generale, i tassi di cambio reali e nominali dell'euro sono vicini alla media di lungo periodo". Il tasso di cambio è un elemento importante per la crescita e la stabilità dei prezzi "ma non costituisce un obiettivo in sé" delle politiche della Banca centrale, ha ribadito Draghi.

Quanto alla politica monetaria della Bce, il suo numero uno ha spiegato che "è accomodante, manterremo il regime di disponibilità illimitata alle aste di rifinanziamento e siamo pronti a fornire piena liquidità alle banche ove necessario". 

Riferendosi poi agli istituti di credito, Draghi ha spiegato: "Abbiamo risolto il problema del funding bancario, non possiamo agire su quello dei ratio di capitale e sull'avversione al rischio che ha raggiunto livelli elevati". 

La risposta è che "continueremo a fare tutto il possibile perché il flusso del credito riprenda, sempre entro il nostro mandato che è quello della stabilità dei prezzi". Allo stesso tempo "pensiamo che tutte le azioni che abbiamo intrapreso troveranno il loro sbocco nell'economia, così da permettere una ripresa graduale nella seconda parte del 2013".


Rotazione sui mercati finanziari da maneggiare con cautela



La grande rotazione settoriale in atto sui mercati finanziari va trattata con cautela. 

A sostenerlo, in una nota diffusa il 6 febbraio, sono gli esperti di Forex di Jw Partners. 

"Come tutte le semplificazioni mediatiche - spiegano gli esperti di cambi - anche la grande rotazione va trattata con cautela. 

Il rischio che si riveli semplicemente una leggenda metropolitana c'è e va analizzato. 

In ogni caso qualche dato emerso di recente sembra indicare che il fenomeno non sia da sottovalutare: nella settimana conclusa il 30 gennaio i flussi di ingresso in fondi azionari sarebbero stati sei volte tanto rispetto a quelli in fondi obbligazionari".

Non solo: gli economisti di Jw Partners evidenziano che "secondo TrimTabs Investment Research nel mese di gennaio sarebbero stati investiti 77,4 miliardi di dollari in fondi ed Etf azionari, nuovo record che supera il precedente 53,7 miliardi (febbraio 2000). 

Se poi vogliamo osservare - proseguono - oltre ai flussi sui mercati globali, anche la situazione di asset allocation da cui partiamo, possiamo notare, ad esempio, che i fondi pensione di Harvard e Yale hanno rispettivamente il 14% e 27% allocati ad investimenti azionari rispetto a una media storica del 60% oppure che il Gpif, il fondo pensione pubblico giapponese (il più grande al mondo, ndr) dichiara di avere solo il 23% in azionario e il 73% in bond".

Insomma, "anche la price action delle ultime settimane sembra confermare una rotazione in atto: mercati azionari in salita insieme alle curve dei tassi che nei mercati core segnalano una prima seria inversione di trend da molti mesi a questa parte". 

Con queste premesse, secondo gli esperti valutari di Jw Partners, "le probabili correzioni cui andremo incontro sui mercati azionari saranno probabilmente limitate. Più preoccupante può essere invece quello che potrebbe succedere sui mercati obbligazionari se questa rotazione dovesse continuare. Specialmente nei segmenti corporate ed emerging markets che tanto di moda sono andati negli ultimi mesi".

Per quel che invece riguarda specificamente l'euro-dollaro, da Jw Partners fanno sapere che "l'estensione di venerdì a seguito della dichiarazione da parte del fondo sovrano cinese che è un buon momento per investire in Europa ha sicuramente accelerato una capitolazione di alcune posizioni corte. A chi fosse riuscito ad alleggerire il lungo sopra 1,36, consigliamo di ricomprare in area 1,35 o eventualmente di darsi una possibilità di rivedere 1,34 prima della riunione della Banca centrale europea di giovedì.

Al momento solo una discesa sotto 1,325 metterebbe in discussione la nostra visione rialzista".



Euro: per Jp Morgan Private Bank la soglia 1,3490 sul dollaro apre la pista a 1,38



L'euro? E' andato al di là dei propri fondamentali. 

Parola di Sara Yates, Global Currency Strategist di Jp Morgan Private Bank, che in uno studio sulla valuta scrive: "Grazie all'introduzione delle operazioni Omt (Outright Monetary Transaction) della Banca centrale europea (Bce), il forte calo dei rendimenti dei Paesi periferici indica che il rischio rappresentato dall’Eurozona per l'economia globale è diminuito". 

Una conseguenza di ciò, aggiunge Yates, "è che ora gli investitori probabilmente richiederanno un premio di rischio inferiore (uno sconto inferiore) per mantenere titoli denominati in euro".

E anche se questo implica una moneta unica più forte (in particolare contro la sterlina britannica), gli esperti di Jp Morgan Private Bank ritengono che l'euro "sia andato al di là dei suoi migliori fondamentali".

Detto questo, "crediamo che ci sia spazio affinché questo movimento si possa ampliare ulteriormente in futuro. Notiamo che l’analisi tecnica indica un movimento a 1,38 nel breve termine. Il fatto che questa soglia possa essere raggiunta questa settimana - prosegue Yates - dipenderà probabilmente da se e come il presidente della Bce Mario Draghi commenterà il recente rally dell'euro nel corso della conferenza stampa" dell'Eurotower, in calendario per giovedì 7 febbraio.

Sul più lungo termine, invece, Jp Morgan resta scettica sul fatto che l'euro possa mantenere questa forza. 

"Secondo le valutazioni di Bloomberg in termini di Ppp (Parità di potere d'acquisto) - fa notare in proposito Yates - l'euro è già costoso rispetto al dollaro americano.

Ulteriori apprezzamenti potrebbero ostacolare la ripresa dell’Eurozona, una ripresa che rimane incerta. L'outlook per gli Stati Uniti, invece, continua a essere stabile". 

Per questo motivo, tira le somme Yates, "continuiamo a prevedere un maggior rialzo dei rendimenti statunitensi, e ci aspettiamo che questo possa sostenere il dollaro americano rispetto alle valute a basso rendimento come sterlina britannica, euro e yen Giapponese". 

La mattina del 5 febbraio, intanto, l'euro-dollaro viaggia in salita a 1,35.


L’euro inizia in arretramento la settimana sul mercato dei cambi



Primo giorno della settimana all'insegna della debolezza per l'euro sui mercati dei cambi. In mattinata, la moneta unica viaggiava infatti sotto quota 1,36 nei confronti del dollari e in generale in tarda mattinata quotava sui minimi intraday sia verso sterlina, sia verso yen e franco svizzero.

Nel consueto studio di inizio settimana sui mercati finanziaria, chiamato "Macromonitor", l'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, scrive: "Sul mercato dei cambi, i movimenti sono stati condizionati da timori di movimenti rialzisti globali sui tassi d'interesse.

L'euro si è quindi rafforzato sul dollaro e lo yen si è indebolito, come accadrebbe di solito in circostanze di ridotta avversione al rischio e prospettive di crescita accresciute o percepite come tali. Considerazioni analoghe valgono anche per quasi tutte le valute dei paesi produttori di materie prime, al netto di fattori locali che hanno impedito gli esiti previsti. 

Le valute emergenti asiatiche (won sudcoreano, dollaro di Singapore e yuan cinese), ad esempio - prosegue l'economista di Mps Seminerio - si sono indebolite anziché apprezzarsi contro dollaro, probabilmente a causa della forte debolezza dello yen, che rischia di innescare un indebolimento dell´export globale di tali paesi e quindi di spingerli (come extrema ratio, e nella percezione del mercato) a manovre equivalenti sul proprio cambio, anche se al momento non vi sono evidenze che ciò possa accadere".

Secondo gli esperti di Cmc Markets, "qualora l'euro dovesse ulteriormente rafforzarsi nei confronti delle principali monete (e in particolare contro dollaro) occorrerà monitorare con attenzione ciò che potrebbe succedere nel corso della riunione della Bce questa settimana riguardo alle richieste provenienti da più parti di una riduzione dei tassi. 

Pur tuttavia, nonostante il calo dell'inflazione ai minimi degli ultimi due anni, una sforbiciata del costo del denaro sembra altamente improbabile se ricordiamo i toni utilizzati da Draghi in occasione dell'ultima conferenza stampa, il che indirettamente potrebbe confermare che l'euro è pronto per nuovi guadagni, a tutto discapito delle deboli economie periferiche".


Yen, per Barclays il deprezzamento sul dollaro ha ancora molta strada da compiere



Nella seduta di giovedì 31 gennaio, dopo la corsa senza tregua degli ultimi tempi, il dollaro è sceso nei confronti dello yen, a causa – a detta degli osservatori – di un dato macroeconomico che ha mostrato una contrazione dell'economia statunitense superiore alle attese.

Tuttavia, gli economisti di Barclays, in uno studio ad hoc sulla moneta giapponese in cui si interrogano sui livelli a cui potrebbe arrivare, fanno sapere: "Secondo le nostre previsioni, il deprezzamento dello yen ha ancora parecchia strada da compiere".

Le percezioni del mercato circa la crescita dell'economia nipponica, motivano la loro affermazione gli esperti della banca d'affari, "restano connesse ad aspettative di inflazione stabilmente basse".

E, ancora, in base alle mosse che si aspettano dal nuovo governo del Giappone, gli economisti di Barclays fanno sapere che "una larga e sostenuta debolezza dello yen potrebbe essere necessaria per spingere le attese di inflazione più in alto".

Ecco perché gli esperti di forex si attedono "una significativa svalutazione dello yen, o un significativo rafforzamento del dollaro a seconda di dove si guardino i termini della questione, prima di raggiungere questa fase macroeconomica".

Ma cosa significa tutto questo a livello di numeri? 

E' presto detto: gli economisti di Barclays in questo momento vedono un possibile deprezzamento della valuta giapponese a sei mesi a 96 contro il dollaro rispetto alla precedente stima di 90. 

Ancora più forte la variazione nei 12 mesi poiché la casa d’affari vede la valuta nipponica a 100 nei confronti del biglietto verde, contro la precedente aspettativa pari a 92.



Rehn: “Ora non si parla più di rischio fallimento per l'Unione monetaria”



Il Belpaese, e in particolare l'ex governo Berlusconi, finiscono nel mirino dei vertici europei. 

Il caso Italia, ha dichiarato il 29 gennaio il commissario Ue Olli Rehn rievocando all'Europarlamento la crisi finanziaria e politica di fine 2011, dimostra l'importanza dell'"effetto fiducia" dei mercati sulla capacità di un paese di superare le difficoltà.

 "L'Italia aveva preso impegni di - ha proseguito Rehn - consolidamento di bilancio nell'estate 2011 per facilitare l'intervento della Banca centrale europea (Bce) nel mercato secondario per acquistare titoli di Stato: quando il governo dell'ex premier Silvio Berlusconi decise di non rispettare più gli impegni assunti il costo del finanziamento per lo Stato è aumentato, poi con la formazione del governo Monti la situazione si è stabilizzata. 

Questo - ha concluso - è un chiaro esempio di 'fattore fiducia'", che ha prodotto dei risultati positivi in termini di premio sul rischio.

"Un anno fa - ha aggiunto Rehn - eravamo seriamente preoccupati per la situazione di Italia e Spagna". Rehn ha aggiunto che da un anno a questa parte nell'Eurozona sono state prese "decisioni coraggiose" e l'Europa ha dimostrato "capacità di reagire" alla crisi.

 Tanto che adesso non si parla più di rischio di fallimento dell'Unione monetaria.

Ciononostante, quanto fatto finora non è ancora sufficiente. "Il 2012 è stato un anno in cui sono state prese decisioni fondamentali per la riforma della zona euro", sottolinea. Ma "vi sono ancora gravi problemi quali la crescita lenta e la disoccupazione elevata, e quindi non possiamo accontentarci di quello che abbiamo fatto". 

Per questo, continua, "Dobbiamo riformare e ammodernare il nostro modello di economia sociale".