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La Bce mantiene i tassi invariati allo 0,75%


Dalla riunione della Banca centrale europea (Bce) del 7 marzo è giunto un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse, che pertanto sono stati confermati ai minimi di sempre pari allo 0,75 per cento.

La decisione era attesa dal mercato. L'Eurotower ha lasciato invariati anche il tasso marginale all'1,5% e quello sui depositi a zero. Tuttavia, il numero uno della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che ha seguito la decisione sui tassi, ha fatto sapere che "è stata vocata la possibilità del taglio dei tassi ma ha prevalso il no".

Come evidenzia Davide Marone, analista valutario di Fxcm Italia in una nota diffusa il 7 marzo a mercati chiusi, “l’evento catalizzatore della giornata, oltre che della settimana, è stata la conferenza stampa del presidente della Mario Draghi successiva alla decisione sui tassi d’interesse, rimasti invariati come ampiamente previsto. 

Il tono del banchiere centrale - prosegue Marone - è stato piuttosto dovish e non vi sono stati riferimenti diretti al tasso di cambio euro-dollaro, mentre molto sommario è stato il cenno circa la possibilità di futuro taglio dei tassi, che ad ora non rappresenta uno scenario probabile. 

La volatilità, compressa per gran parte della settimana, è così potuta esplodere a favore di un rialzo per l’eurodollaro in grado di portarsi dai minimi addirittura sulle resistenza in area 1,3120 dove sta andando a consolidarsi sulle prime prese di profitto". 


Secondo Marone, è dalla tenuta di questo livello "che dipende il prossimo scenario del cambio". Intanto, l'8 marzo è atteso al banco di prova dal dato sulla disoccupazione americana.



L’euro inizia in arretramento la settimana sul mercato dei cambi



Primo giorno della settimana all'insegna della debolezza per l'euro sui mercati dei cambi. In mattinata, la moneta unica viaggiava infatti sotto quota 1,36 nei confronti del dollari e in generale in tarda mattinata quotava sui minimi intraday sia verso sterlina, sia verso yen e franco svizzero.

Nel consueto studio di inizio settimana sui mercati finanziaria, chiamato "Macromonitor", l'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, scrive: "Sul mercato dei cambi, i movimenti sono stati condizionati da timori di movimenti rialzisti globali sui tassi d'interesse.

L'euro si è quindi rafforzato sul dollaro e lo yen si è indebolito, come accadrebbe di solito in circostanze di ridotta avversione al rischio e prospettive di crescita accresciute o percepite come tali. Considerazioni analoghe valgono anche per quasi tutte le valute dei paesi produttori di materie prime, al netto di fattori locali che hanno impedito gli esiti previsti. 

Le valute emergenti asiatiche (won sudcoreano, dollaro di Singapore e yuan cinese), ad esempio - prosegue l'economista di Mps Seminerio - si sono indebolite anziché apprezzarsi contro dollaro, probabilmente a causa della forte debolezza dello yen, che rischia di innescare un indebolimento dell´export globale di tali paesi e quindi di spingerli (come extrema ratio, e nella percezione del mercato) a manovre equivalenti sul proprio cambio, anche se al momento non vi sono evidenze che ciò possa accadere".

Secondo gli esperti di Cmc Markets, "qualora l'euro dovesse ulteriormente rafforzarsi nei confronti delle principali monete (e in particolare contro dollaro) occorrerà monitorare con attenzione ciò che potrebbe succedere nel corso della riunione della Bce questa settimana riguardo alle richieste provenienti da più parti di una riduzione dei tassi. 

Pur tuttavia, nonostante il calo dell'inflazione ai minimi degli ultimi due anni, una sforbiciata del costo del denaro sembra altamente improbabile se ricordiamo i toni utilizzati da Draghi in occasione dell'ultima conferenza stampa, il che indirettamente potrebbe confermare che l'euro è pronto per nuovi guadagni, a tutto discapito delle deboli economie periferiche".