Primo giorno della settimana all'insegna della
debolezza per l'euro sui mercati dei cambi. In mattinata, la moneta unica
viaggiava infatti sotto quota 1,36 nei confronti del dollari e in generale in
tarda mattinata quotava sui minimi intraday sia verso sterlina, sia verso yen e
franco svizzero.
Nel consueto studio di inizio settimana sui mercati
finanziaria, chiamato "Macromonitor", l'economista di Monte dei
Paschi di Siena, Mario Seminerio, scrive: "Sul mercato dei cambi, i
movimenti sono stati condizionati da timori di movimenti rialzisti globali sui
tassi d'interesse.
L'euro si è quindi rafforzato sul dollaro e lo yen si è
indebolito, come accadrebbe di solito in circostanze di ridotta avversione al
rischio e prospettive di crescita accresciute o percepite come tali.
Considerazioni analoghe valgono anche per quasi tutte le valute dei paesi
produttori di materie prime, al netto di fattori locali che hanno impedito gli
esiti previsti.
Le valute emergenti asiatiche (won sudcoreano, dollaro di Singapore
e yuan cinese), ad esempio - prosegue l'economista di Mps Seminerio - si sono
indebolite anziché apprezzarsi contro dollaro, probabilmente a causa della
forte debolezza dello yen, che rischia di innescare un indebolimento
dell´export globale di tali paesi e quindi di spingerli (come extrema ratio, e
nella percezione del mercato) a manovre equivalenti sul proprio cambio, anche
se al momento non vi sono evidenze che ciò possa accadere".
Secondo gli esperti di Cmc Markets, "qualora
l'euro dovesse ulteriormente rafforzarsi nei confronti delle principali monete
(e in particolare contro dollaro) occorrerà monitorare con attenzione ciò che
potrebbe succedere nel corso della riunione della Bce questa settimana riguardo
alle richieste provenienti da più parti di una riduzione dei tassi.
Pur
tuttavia, nonostante il calo dell'inflazione ai minimi degli ultimi due anni,
una sforbiciata del costo del denaro sembra altamente improbabile se ricordiamo
i toni utilizzati da Draghi in occasione dell'ultima conferenza stampa, il che indirettamente
potrebbe confermare che l'euro è pronto per nuovi guadagni, a tutto discapito
delle deboli economie periferiche".
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