Yen, per Barclays il deprezzamento sul dollaro ha ancora molta strada da compiere



Nella seduta di giovedì 31 gennaio, dopo la corsa senza tregua degli ultimi tempi, il dollaro è sceso nei confronti dello yen, a causa – a detta degli osservatori – di un dato macroeconomico che ha mostrato una contrazione dell'economia statunitense superiore alle attese.

Tuttavia, gli economisti di Barclays, in uno studio ad hoc sulla moneta giapponese in cui si interrogano sui livelli a cui potrebbe arrivare, fanno sapere: "Secondo le nostre previsioni, il deprezzamento dello yen ha ancora parecchia strada da compiere".

Le percezioni del mercato circa la crescita dell'economia nipponica, motivano la loro affermazione gli esperti della banca d'affari, "restano connesse ad aspettative di inflazione stabilmente basse".

E, ancora, in base alle mosse che si aspettano dal nuovo governo del Giappone, gli economisti di Barclays fanno sapere che "una larga e sostenuta debolezza dello yen potrebbe essere necessaria per spingere le attese di inflazione più in alto".

Ecco perché gli esperti di forex si attedono "una significativa svalutazione dello yen, o un significativo rafforzamento del dollaro a seconda di dove si guardino i termini della questione, prima di raggiungere questa fase macroeconomica".

Ma cosa significa tutto questo a livello di numeri? 

E' presto detto: gli economisti di Barclays in questo momento vedono un possibile deprezzamento della valuta giapponese a sei mesi a 96 contro il dollaro rispetto alla precedente stima di 90. 

Ancora più forte la variazione nei 12 mesi poiché la casa d’affari vede la valuta nipponica a 100 nei confronti del biglietto verde, contro la precedente aspettativa pari a 92.



Rehn: “Ora non si parla più di rischio fallimento per l'Unione monetaria”



Il Belpaese, e in particolare l'ex governo Berlusconi, finiscono nel mirino dei vertici europei. 

Il caso Italia, ha dichiarato il 29 gennaio il commissario Ue Olli Rehn rievocando all'Europarlamento la crisi finanziaria e politica di fine 2011, dimostra l'importanza dell'"effetto fiducia" dei mercati sulla capacità di un paese di superare le difficoltà.

 "L'Italia aveva preso impegni di - ha proseguito Rehn - consolidamento di bilancio nell'estate 2011 per facilitare l'intervento della Banca centrale europea (Bce) nel mercato secondario per acquistare titoli di Stato: quando il governo dell'ex premier Silvio Berlusconi decise di non rispettare più gli impegni assunti il costo del finanziamento per lo Stato è aumentato, poi con la formazione del governo Monti la situazione si è stabilizzata. 

Questo - ha concluso - è un chiaro esempio di 'fattore fiducia'", che ha prodotto dei risultati positivi in termini di premio sul rischio.

"Un anno fa - ha aggiunto Rehn - eravamo seriamente preoccupati per la situazione di Italia e Spagna". Rehn ha aggiunto che da un anno a questa parte nell'Eurozona sono state prese "decisioni coraggiose" e l'Europa ha dimostrato "capacità di reagire" alla crisi.

 Tanto che adesso non si parla più di rischio di fallimento dell'Unione monetaria.

Ciononostante, quanto fatto finora non è ancora sufficiente. "Il 2012 è stato un anno in cui sono state prese decisioni fondamentali per la riforma della zona euro", sottolinea. Ma "vi sono ancora gravi problemi quali la crescita lenta e la disoccupazione elevata, e quindi non possiamo accontentarci di quello che abbiamo fatto". 

Per questo, continua, "Dobbiamo riformare e ammodernare il nostro modello di economia sociale".


Cambi, gli investitori si interrogano sull'apprezzamento dell’euro


"Sul mercato dei cambi, gli investitori si chiedono quale ulteriore potenziale di apprezzamento abbia l'euro". 

E' incentrato su questo il "Macromonitor" di inizio settimana dell'economista di Banca Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, che prosegue lo studio in questo modo: “E' verosimile che ciò dipenderà dalla normalizzazione dei tassi di breve termine europei, anche a seguito dei rimborsi anticipati dei prestiti della Banca centrale europea (Bce), da quanto un rialzo dei rendimenti sui Bund supererà quello sui Treasury, e da quanto gli investitori globali risulteranno sottopeso di attivi europei, e vorranno colmare tale gap". 

Nel frattempo, sul mercato dei cambi, il primo giorno della settimana si è aperto con l'euro-dollaro che viaggiava a 1,3447-1,3450, mentre sui listini europei il dollaro-yen ha aperto a 90,84-90,85, mentre l'euro-yen era posizionato a 122,14-122,17.

Riguardo lo yen, prosegue il "Macromonitor" di Seminerio, "gli annunci della Bank of Japan non appaiono al momento sufficienti a generare l'inflazione necessaria a spingere gli investitori domestici ad alimentare deflussi di capitali, ma l'incertezza resta elevata, così come la dimensione prevalentemente politica di questo cambio".

Non solo. Secondo Seminerio, "semplici acquisti di titoli di stato domestici da parte della banca centrale giapponese non appaiono in grado di compiere il lavoro previsto, ma l'eventuale acquisto di obbligazioni estere resta una minaccia da non sottovalutare. 

Sotto osservazione - mette infine in guardia l'economista di Mps - anche eventuali reazioni del G7 alla politica giapponese dello yen debole, soprattutto se il saldo delle partite correnti di Tokyo dovesse smettere di deteriorarsi".



Yen, per Fxcm va monitorato il livello 120,90 sull’euro



Ultima seduta della settimana segnata da una decisa accelerazione quella del 25 gennaio per la Borsa di Tokyo, dove gli investitori sono tornati ad acquistare a piene mani sulla scorta del nuovo scivolone registrato dallo yen. L'indice di riferimento, il Nikkei-225, è stato fissato a 10.926,65 punti (con un rialzo del 2,88% sulla vigilia), ovvero sul livello più elevato da metà aprile del 2010. 

La correzione della divisa nipponica, indicata nel durante fino a 121,31 sull'euro (119,73 alla rilevazione della sessione precedente della Bce) e fino a 90,69 dollari (89,99 alla chiusura in Europa), ha convogliato l'interesse soprattutto sulle società fortemente impegnate all'export. Dietro questo movimento c'è stata la speculazione sulle decisioni prese di recente, e quelle che starebbe per prendere, la Banca centrale giapponese. 

"Continua la debolezza dello yen giapponese - è il commento sul tema di Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia - sia contro dollaro americano, sia contro euro, a causa dei continui rumor che vedono potenziali iniezioni di liquidità da parte della Banca del Giappone (Boj) e soprattutto a causa delle aspettative che cominciano a vedere tassi in diminuzione, quindi verso lo zero assoluto". 

Secondo l'esperto valutario, infatti, "questo basta per assistere a vendite di yen strutturali, in grado di rientrare soltanto a causa di prese di profitto". 

Da monitorare con estrema attenzione è il livello di 120,70, "per assistere a correzioni contro l’euro, tenendo conto che un superamento di 120,90 può portare alla formazione di nuovi massimi. 

Guardando il posizionamento dello Speculative Sentiment Index sui cambi originari che compongono il cross EurJpy - conclude Paganini - ci possiamo aspettare tentativi di rottura. Il mercato retail è molto sbilanciato sul lato corto di EurUsd, il che potrebbe portare alla cattura di stop e al prosieguo delle accelerazioni".


Cameron: "L'Inghilterra non gira le spalle all'Europa"



"Non stiamo girando le spalle all'Europa ma ci chiediamo come renderla più competitiva". Si è espresso così il premier britannico David Cameron parlando al World Economic Forum di Davos. Ieri Cameron, infatti, aveva suscitato polemiche poiché aveva annunciato l'intenzione di indire un referendum in Gran Bretagna sull'appartenza alla Ue nella prossima legislatura.

"Non abbiamo intenzione di entrare nell'euro", ha precisato oggi il premier inglese tornando sulla controversa questione, ma è quella la sede in cui si prendono le decisioni come quella dell'unione bancaria che hanno conseguenze sul Regno Unito. Cameron ha poi sottolineato di volere un'Europa più "aperta, flessibile e competitiva". Cameron ha, inoltre, indicato di essere "conservatore per quanto riguarda un basso livello di tassazione", aggiungendo: "Ma non sono un conservatore che sostiene che le imprese non devono pagare le tasse. Devono pagare una giusta aliquota". La bassa tassazione favorisce il mercato, ha anche messo in evidenza il premier britannico. Al prossimo G8, ha poi detto, la Gran Bretagna spingerà perché i temi siano commercio, tasse e trasparenza.

Il capo economista del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard, ai microfoni della Bbc Radio 4, ha spiegato che "il governo del primo ministro britannico David Cameron dovrebbe rivedere e temperare il suo programma di austerità imposto al Paese. "Un processo di consolidamento fiscale più lento" nel Regno Unito potrebbe essere una misura "più opportuna".


Fxcm punta i riflettori sull’euro



Sui mercati dei cambi, la mattina del 23 gennaio, l'euro ha superato quota 1,333 rispetto al dollaro. 

Secondo l'analisi degli esperti di Fxcm, "l'euro mostra ancora una notevole forza e questo è testimoniato dai livelli a cui si trova non solo contro il dollaro americano, ma anche (e soprattutto) contro lo yen, piuttosto che con la sterlina e il dollaro australiano verso i quali ha mostrato, dopo due anni e oltre di costante indebolimento, importanti fasi di consolidamento e di possibile rialzo". 

D'altro canto, aggiungono gli esperti di valute, "è indubbio che la moneta unica sia rappresentativa di un'area economica che vive problemi enormi che si riflettono in gran parte delle variabili macroeconomiche, che puntualmente quando tornano agli onori della ribalta, anche solo per la percezione degli operatori finanziari nei confronti di questa o quella dichiarazione, sono in grado di muovere massicci flussi di liquidità necessari per spostamenti così importanti e veloci dei tassi di cambio".

Non ultimo, a questo proposito, è stato il Capo dei Ministri delle Finanze dell'Eurozona Juncker il quale si è mostrato preoccupato rispetto al recente e crescente apprezzamento dell'euro da egli considerato "pericolosamente alto". "Ciò - tirano le somme da Fxcm - inserito nell'attuale contesto caratterizzato da operatori focalizzati sul breve periodo, ha contribuito a creare la formula esplosiva per un movimento così importante e ha accelerato le prese di profitto anche di posizionamenti strategici a favore di euro di medio periodo. 

Tuttavia, e questo continua ad essere un tema fondamentale da oramai qualche mese, il mercato permane nella sua de correlazione laddove le liquidazioni di posizioni lunghe di euro non si sono allineate a quelle delle altre valute a più alto rendimento, dell'azionario e delle commodity, rimasti in gran parte in fase di consolidamento dei prezzi più recenti".


Cmc Markets: “Settimana chiave per yen e sterlina”



Per la Borsa di Tokyo, la prima seduta della settimana si è chiusa i rosso, complice il recupero dello yen sul mercato dei cambi. 

Nel dettaglio, la sessione del mercato nipponico del 21 gennaio è stata archiviata con un calo dell'1,52% per l'indice Nikkei, a quota 10.747 punti. 
Secondo gli esperti di mercato, tale flessione sarebbe da imputare principalmente dalle prese di beneficio seguite a un rafforzamento della valuta giapponese contro dollaro e euro. 

La mattina del 21 gennaio, poi, lo yen è tornato a scendere sotto quota 90 nei confronti del dollaro e sotto 120 nei confronti dell'euro.

Secondo Michael Hewson, Senior Market Analyst di Cmc Markets, "si apre oggi una settimana chiave per lo yen e la sterlina a seguito del poderoso calo registrato da entrambe le valute la scorsa ottava e in vista di appuntamenti importanti come la riunione domani della BoJ (Banca del Giappone, ndr) e la pubblicazione del Pil britannico del quarto trimestre dell'anno. 

La moneta nipponica - prosegue l'esperto di Cmc Markets - potrebbe tuttavia fermare momentaneamente la sua discesa qualora la banca centrale non dovesse comunicare un'ulteriore iniezione da 10 trilioni di yen e un nuovo target di politica monetaria legato all'inflazione e concordato con il nuovo governo". 

Anche così non fosse, mette in guardia Hewson, "prepariamoci in ogni caso ad un "sell on the facts"", ossia all'eventualità che le vendite sulla moneta possano comunque partire. Focus anche sulla sterlina che secondo l'analista di Cmc Markets "potrebbe accelerare le perdite in caso di rottura del supporto a 1,5825 contro il dollaro, mentre la moneta unica potrebbe superare 0,8420 contro il pound".




Sui mercati dei cambi non si scommette più contro l’euro



La mattina del 21 gennaio, il primo giorno della settimana, sul mercato dei cambi, l'euro-dollaro ha aperto le contrattazioni in area 1,3321-1,3323, per poi portarsi, in mattinata, al di sotto di quota 1,3302. 

A intervenire sull'euro, dalle colonne dell'economia del Giornale è stato nei giorni scorsi Carlo Alberto De Casa, analista della società ActivTrades basata a Londra. 

Secondo l'esperto valutario, "sui mercati valutari non si gioca più la scommessa sul crollo dell’euro. Anzi. Oggi non solo bisogna stare attenti a puntare sempre contro la moneta unica, ma bisogna pensare anche a entrare a favore dell’euro. Soprattutto nelle fasi in cui i mercati azionari sono impostati al rialzo, in quanto il cambio euro dollaro spesso è correlato con l’andamento delle borse”.

Non a caso, chi nei mesi passati è tornato con prontezza a credere alla solidità dell’euro è riuscito a guadagnare attraverso questa operazione. 

A un certo punto, spiega De Casa, come “sul dollaro la moneta unica stesse perdendo terreno con decisione: erano sufficienti 1,20 dollari per un euro. 

Poi, a fine luglio, l’intervento del Presidente della Bce Mario Draghi ha dato una svolta alla situazione. 

Quelle erano le parole che servivano ai mercati per evitare una disgregazione della valuta unica.

Passando invece a qualche previsione per il 2013, De Casa fa sapere di attendersi che la valuta unica oscilli in un intervallo tra 1,20-1,38, con una volatilità inferiore rispetto al 2012, ma ancora presente.

Secondo alcuni esperti, in questa fase, sul mercato dei cambi, focalizzando l’attenzione sugli Stati Uniti, resta l´attesa per i negoziati sul fiscal cliff (tagli automatici di spesa al primo marzo e serrata del governo il 27 marzo, in caso di assenza di accordo sull´innalzamento del tetto legale al debito federale). 

Resta poi da valutare la disponibilità dei Repubblicani a spostare in avanti il tetto di debito di circa un trimestre. 

In caso di eliminazione dei tagli di spesa per l´anno in corso (come auspicato implicitamente dal Fondo Monetario Internazionale, che ritiene che gli Stati Uniti abbiano già effettuato la stretta fiscale massima non controproducente, stimata a circa l´1-1,5 per cento di Pil), e di un innalzamento del tetto di debito per l´intero anno, si rimuoverebbero ostacoli alla crescita statunitense, sostenendo quindi una fase di propensione al rischio e di strategie di carry trade che indebolirebbero il biglietto verde.


Credit Suisse vede un rafforzamento dell’euro nel 2013


Lunedi 7 gennaio 2013 


In questi primi scorci del 2013, gli economisti di Credit Suisse colgono l'occasione per fare l'elenco di 13 temi che potrebbero risultare interessanti offrendo opportunità economico-finanziarie da sfruttare nel corso del 2013. "L'anno che abbiamo davanti - spiegano gli esperti della casa d'affari elvetica - dovrebbe essere quello in cui l'area dell'euro verrà fuori da una recessione relativamente lunga. Ci attendiamo una prova di questo nel breve termine piuttosto che nel lungo". Ciò perché "la fiducia nel business sta crescendo, in linea con una ripresa degli indicatori ciclici, che riteniamo debba proseguire ora che il problema del fiscal cliff (precipizio fiscale americano, ndr) è stato evitato".  Tutto questo, secondo Credit Suisse, supporta la tesi di una rivincita, nel 2013, per gli asset rischiosi di matrice europea, compreso anche il debito di Stato dei paesi periferici, finito più volte nel mirino della speculazione negli ultimi tempi.
Tra i punti elencati dagli esperti, ce n'è uno tutto dedicato alla Banca centrale europea (Bce), l’istituto europeo guidato dall’italiano Mario Draghi. In questo caso, secondo Credit Suisse, considerate le politiche monetarie fortemente espansive di altre grandi banche centrali, la Bce potrebbe essere forzata ad allentare la propria politica monetaria, passando così attraverso un rafforzamento dell'euro. In particolare, spiegano gli economisti, "un contesto in cui la politica della Bce è sistematicamente meno espansiva delle altre banche centrali dovrebbe essere un contesto in cui l'euro si rafforza, specialmente se ciò è associato con un elevato e crescente surplus delle partite correnti".
Proprio la moneta europea, proseguono gli esperti, "potrebbe essere il meccanismo tramite il quale la Bce sarà forzata ad allentare la politica monetaria nel corso di quest'anno". Ciò anche alla luce del fatto che "le sottostanti pressioni inflazionistiche sono basse e dovrebbero restare tali".


La Borsa di Tokyo scheggia sull’indebolimento dello yen


Forte rialzo per la Borsa di Tokyo nell'ultima seduta della settimana del 18 gennaio.

Il listino è, infatti, salito del 2,86% con la complicità della forte flessione dello yen rispetto al dollaro e all'euro. 

Per l'indice di Tokyo Nikkei, che ha archiviato la seduta a 10.913 punti, si tratta del livello finale più alto dall'aprile del 2010. 

Il tutto con volumi molto elevati e superiori ai 3,87 miliardi di pezzi passati di mano sul mercato. 

Secondo l'opinione prevalente, la moneta nipponica si è indebolita in vista della riunione del comitato di politica monetaria della Banca del Giappone (BoJ) in calendario per lunedì e martedì. 

Il mercato, in particolare, si aspetta che la Boj, spinta dal Governo giapponesi, ampli ulteriormente il piano di sostegno all'economia. Lo yen debole favorisce in Borsa i titoli esportatori, tra tutti Sony, non a caso nella seduta del 18 gennaio balzata del 12,20%, anche grazie all'annuncio della vendita del suo quartier generale Usa a New York per 1,1 miliardi di dollari.

Nella nota giornaliera su Borse e mercati dei cambi, Michael Hewson, Senior Market Analyst di Cmc Markets, fa notare che "i dati positivi provenienti dal mercato immobiliare e del lavoro americani e quelli migliori del previsto dalla Cina potrebbero spingere i mercati ulteriormente al rialzo prima di questo lungo weekend per gli Stati Uniti. 

A rafforzare ulteriormente il quadro risk-on - prosegue l'esperto - potrebbe essere l'indice di fiducia dell'Università del Michigan, mentre le borse europee rischiano di incontrare qualche difficoltà maggiore ad ottenere nuovi guadagni se si considera che si trovano già vicini ai massimi degli ultimi anni. Sul fronte valutario l'euro-dollaro continua a rimanere "cappato" a 1,3400, mentre il livello chiave da oltrepassare per inanellare un deciso rally è 1,35". 

Hewson evidenzia poi il rafforzamento ulteriore del dollaro statunitense nei confronti dello yen "con un nuovo massimo a 90,15 che avvicina ulteriormente l'obiettivo di 94".


Mps Capital Services prevede un ritorno degli investitori sul real



La mattina del 17 gennaio, dopo un'apertura in area 1,3296-1,3297, l'euro-dollaro, che negli ultimi tempi sul mercato dei cambi ha effettuato una vera e propria corsa, ha raggiunto 1,33. 

In attesa di vedere come la valuta dell''area dell'euro si muoverà rispetto al dollaro durante la giornata, gli economisti di Mps Capital Services, per il 2013, si attendono che sul fronte del forex "la tendenza al deprezzamento del dollaro potrebbe mediamente proseguire, principalmente nella prima parte dell'anno, in scia alla liquidità ancora abbondante che dovrebbe prevalere sui mercati e al possibile recupero dell'economia mondiale dopo il rallentamento visto nell'ultima parte del 2012".

Ma il quadro macroeconomico non è così semplice come appre. "Tuttavia - aggiungono gli esperti dell'ufficio studi della banca di Rocca Salimbeni - potrebbero ancora emergere temporanee fasi di apprezzamento del dollaro, come ad esempio la fase elettorale italiana. 

L’eventuale adozione del tasso negativo sulla Deposit Facility potrebbe comportare il ritorno dell’euro in area 1,27 tra il secondo e il terzo trimestre per poi riprendere la fase di deprezzamento a fine anno".

Guardando poi ai mercati emergenti, gli economisti di Mps Capital Services prevedono: "La prima parte dell’anno potrebbe vedere un ritorno degli investitori sulle valute particolarmente penalizzate nel corso del 2012, quali real, rupia e rand".

In particolare “il real potrebbe beneficiare sia dei piani di investimento implementati lo scorso anno, sia di un eventuale allentamento delle misure restrittive sugli afflussi di capitali”.

Inoltre, fanno notare dall’ufficio studi di Mps, “la lunga fase di politiche monetarie espansive in atto in diversi casi da molti mesi potrebbe essere arrestata e/o registrare una decelerazione”.


Euro: Nowotny getta acqua sul fuoco dopo l’allarme di Juncker



Continuano a fare rumore, negli ambienti economico-finanziari, le parole pronunciate ieri dal presidente uscente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker, secondo il quale "i guadagni messi a segno dall'euro, negli ultimi sei mesi, costituiscono una nuova minaccia per l'economia dell'Eurozona".

E, ancora, sempre secondo Juncker, l'euro, da circa sei mesi a questa parte, "sta viaggiando a livelli pericolosamente alti" nei confronti del dollaro statunitense.

Proprio oggi, 16 gennaio, immancabile, è giunta la reazione di altri personaggi di spicco dell'Eurozona.

Il governatore della banca centrale austriaca, Ewald Nowotny, e membro del direttivo della Banca centrale europea (Bce), dal canto suo, ha cercato di smorzare i toni e le preoccupazioni sollevate da Juncker. Intervenendo, a Vienna, nel corso di una conferenza sulla moneta unica, Nowotny, ha detto che il tasso di cambio dell'euro nei confronti del dollaro "non è un problema" e che non vede una prospettiva di una "tendenza al rialzo nel lungo periodo" quindi "non è una questione di preoccupazione".

Le affermazioni di Nowotny riecheggiano in qualche modo quelle del presidente dell'Eurotower, Mario Draghi, che la settimana scorsa ha dichiarato che "sia il tasso di cambio reale che quello effettivo dell'euro sono nella loro media di lungo termine". 

Non solo: secondo il governatore della banca centrale austriaca, "il peggio della crisi è passato" e "siamo sulla buona strada, il percorso è ancora difficile, ma la direzione è giusta". Tuttavia, ha avvertito "non siamo ancora arrivati alla meta". 

Subito dopo le parole di Nowotny, sul mercato dei cambi, l'euro ha recuperato sul biglietto verde, riportandosi al di sopra di quota 1,33.


L'euro si mantiene sui massimi sul dollaro dopo Draghi



La mattina del 15 gennaio, in apertura, il tasso di cambio euro-dollaro, sui mercati delle valute, stazionava a quota 1,3360-1,3362.

Va ricordato che si tratta di livelli che rappresentano i nuovi massimi dall'aprile del 2012 della moneta unica sul biglietto verde. 

Una circostanza, quella della forza dell'euro, che a detta di alcuni economisti impedisce di conferire slancio alla ripresa europea. 

La moneta unica viaggia sui massimi dopo il discorso di giovedì del numero uno della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi.

A riguardo, JW Partners, società indipendente specializzata in currency advisory a investitori istituzionali, commenta: "Draghi ha sorpreso la platea con un tono notevolmente diverso da quello del mese precedente: affermare che la situazione sta migliorando equivale ad ammettere che un taglio dei tassi è stato escluso all'unanimità. 

In tal modo, riduce la potenzialità accomodante della Bce così come percepita sinora dai mercati. Se non sorprende la reazione dell'euro - proseguono gli esperti di JW Partners - ci aspetteremmo invece meno entusiasmo dalle Borse che proprio sulla liquidità illimitata della banca centrale avevano costruito parte della poderosa salita degli ultimi mesi". 

La potenza dell'euro potrebbe dunque precludere la ripresa delle Borse e non soltanto quella dell'economia. "Vedremo nelle prossime sessioni se tale euforia incontrerà qualche ostacolo", sentenziano gli esperti, che fanno intanto notare che "la risalita della moneta unica a seguito della Bce è stata veloce e impulsiva confermando la bontà del trend rialzista in atto: ci stiamo avvicinando a livelli statici che dovrebbero fornire un qualche ostacolo a una ulteriore salita". 

E' per questo motivo che da JW Partners consigliano di "alleggerire ora la posizione per cercare di ricomprare su una correzione, intorno a quota 1,3150-1,3200".


O’Neill: “L’euro-dollaro come prova della minore correlazione tra mercati”


Tra i segnali "estremamente incoraggianti" che il grande guru nonché presidente di Goldman Sachs Asset Management, Jim O’Neill, intravede sui mercati c'è quello di una "diminuzione della forte correlazione tra mercati che aveva caratterizzato l’epoca post 2008". 

Un esempio di questa tendenza, secondo l'esperto, va ricercato proprio nell'andamento dell'euro-dollaro, che ha registrato una flessione nonostante la ripresa delle quotazioni sui mercati azionari. 

Ma non si tratta dell'unico segnale su cui O’Neill si sofferma. L'economista, infatti, sottolinea anche che "la questione del fiscal cliff (precipizio fiscale, ndr) statunitense resta in sospeso per il momento; anzi, per almeno altri due mesi".

Non va poi dimenticato, sempre a parere di O’Neill, che "numerosi dati fondamentali negli Stati Uniti e non solo hanno sorpreso in positivo dall’inizio e per tutta la durata del periodo delle festività". 

Altro punto incoraggiante per l'andamento dei mercati finanziari in questo 2013, "gli sviluppi interni di Cina e Giappone sono all’origine dell’andamento favorevole registrato dai rispettivi mercati azionari durante le feste, naturalmente con possibili risvolti positivi anche per il resto del mondo, certamente una buona notizia per coloro che investono in questi paesi". 

Infine, O’Neill mette in evidenza che "si comincia a parlare, e gli investitori pongono domande, in merito a uno spostamento dalle obbligazioni alle azioni". 

In particolare, tutta una serie di segnali congiunti indicherebbe che “è sempre più pericoloso avere in portafoglio una grande quantità di titoli di Stato quando il principale fattore di sostegno è forse il riacquisto di titoli propri da parte delle banche centrali del G7”. 


Una circostanza, quella che descrive una sorta di passaggio in corso da parte degli investitori dalla obbligazioni alle azioni, che l'esperto di Goldman Sachs Asset Management commenta in maniera ironica con un: "Alla buon’ora, verrebbe da dire!".


La Bce lascia i tassi invariati e presenta la nuova banconota da 5 euro



Tutto come da copione per la prima riunione del 2013 della Banca centrale europea (Bce), che ha deciso di lasciare i tassi di interesse chiave dell'area dell'euro invariati allo 0,75 per cento. 

“Il primo meeting della Bce del 2013 - commenta Davide Marone, analista valutario di Fxcm - ha provocato grande volatilità sull’eurodollaro e in generale sul mercato valutario, spezzando perciò una settimana avara di sorprese e di market mover. 

Draghi - prosegue l'esperto monetario - dopo la decisione di mantenere i tassi invariati, non ha sviluppato tematiche particolarmente significative ad eccezione dell’esclusione di un taglio dei tassi nel futuro imminente". 

Ciò, pertanto, fa notare l'esperto di Fxcm, "si è ripercosso positivamente sul cambio, in grado di violare le resistenze a 1,3085, 1,3120 e 1,32. Possibili ora le prese di profitto per ritracciamenti che se non dovesse superare al ribasso l’ 1,3150, riporterebbero il cambio agli attuali livelli con attenzione a 1,3240 al rialzo".

Lo stesso giorno della decisione sui tassi, il 10 gennaio, il presidente della Bce Mario Draghi ha rivelato l'aspetto della banconota da cinque euro della serie dedicata all'Europa. 

La presentazione del nuovo biglietto ha costituito il momento saliente dell'inaugurazione della mostra "Il nuovo volto dell'euro", in programma al Museo Archeologico di Francoforte sul Meno dall'11 gennaio al 10 marzo 2013. 

La nuova banconota da cinque euro è il risultato dei progressi tecnologici realizzati dopo l'introduzione della prima serie, oltre dieci anni fa. Nel biglietto sono state integrate alcune caratteristiche di sicurezza nuove e avanzate. 

La filigrana e l'ologramma recano il ritratto di Europa, figura della mitologia greca da cui la nuova serie prende il nome.

 La banconota da cinque euro è la prima a essere emessa, a partire dal 2 maggio 2013, mentre gli altri tagli, ovvero da 10 euro, 20 euro, 50 euro, 100 euro, 200 euro e 500 euro, saranno introdotti in ordine ascendente nel corso dei prossimi anni. 

Al principio la prima serie circolerà insieme ai nuovi biglietti, ma sarà gradualmente ritirata dalla circolazione e infine dichiarata fuori corso. 

La data in cui cesserà di avere corso legale, come spiega una nota, verrà annunciata con largo anticipo.

 Le banconote della prima serie manterranno tuttavia il rispettivo valore a tempo indeterminato e potranno essere cambiate presso le banche centrali nazionali dei paesi dell'area dell'euro in qualsiasi momento.


Euro-dollaro sui massimi intraday con un occhio alla Bce


Intorno a metà della seduta del 10 gennaio, il tasso di cambio euro-dollaro ha toccato un nuovo record di giornata (intraday), raggiungendo quota 1,31. 

Ciò dopo la giornata di ieri che Davide Marone, analista valutario di FXCM, aveva definito "piuttosto laterale per l’eurodollaro, che non è riuscito a discostarsi dai livelli di breve periodo. 

Vi è stato per la verità un tentativo ribassista - metteva in luce ieri l'esperto di valute in una nota diffusa ieri in serata - di violazione del supporto a 1,3060 che è stato svilito laddove l’azionario e le commodities (materie prime, ndr) sono rimasti sui massimi di periodo. 

E' stata una giornata poco volatile e scevra di market mover, mentre domani (ossia oggi 10 gennaio, ndr) vi sarà il meeting della Banca Centrale Europea (Bce, ndr) che non dovrebbe ritoccare i tassi di riferimento ma potrebbe fornire direzionalità di breve". Insomma, secondo Marone, a livello di soglie da tenere d'occhio per l'eurodollaro, "restano 1,30 e 1,3120 rispettivamente il supporto e la resistenza a cui porre grande attenzione".

Diverso il discorso per la seduta odierna, che per l’appunto dovrebbe essere dominata dalla decisione sui tassi di interesse dell’area dell’euro della Bce e dal consueto intervento pomeridiano di Mario Draghi, numero uno dell’Eurotower. 

Nettamente prevalente, sui mercati finanziari, è la previsione di un nulla di fatto sui tassi di interesse, sia su quello principale, attualmente allo 0,75%, sia su quello relativo ai depositi overnight in Bce, a zero. 

Il mercato monetario, ad esempio, a metà giornata, viaggia in condizioni di distensione, con un occhio in direzione della Bce e protetto da un eccesso di liquidità nel sistema pari a circa 600 miliardi.


Cmc Market non si attende mosse significative per l’euro-dollaro


 "Sul fronte valutario nessuna mossa significativa per l'euro-dollaro". 

A metterlo in evidenza, la mattina del 9 gennaio prima dell'apertura dei mercati, sono gli economisti di Cmc Markets, che aggiungono che "occorre superare 1,3170 per raggiungere 1,33", mentre spostando l'attenzione verso la sterlina, in questo caso la moneta "deve oltrepassare 1,618 per poter tornare a 1,63 contro il dollaro". 

Gli esperti di Cmc Markets mettono poi in luce che "momentaneamente il biglietto verde sembrerebbe aver perso slancio nella corsa contro yen con possibilità di non ritestare i massimi appena toccati almeno per un po': sotto 87,50 il rischio è quello di una correzione verso 85,00".

Intanto, proprio in Asia, il dollaro ha guadagnato terreno contro lo yen con la soglia a 87 che ha offerto una buona opportunità di acquistare il biglietto verde. Gli acquisti sono stati effettuati da diversi operatori, tra cui anche importatori, investitori retail giapponesi e fondi di investimento, così come segnalato da alcuni dealer a Tokyo.

 "Ci sono molti che comprano dollari", ha commentato Kuniyuki Hirai, foreign-exchange trading manager per Bank of Tokyo-Mitsubishi Ufj. 

Il biglietto verde è a 87,44 yen dopo essere salito al massimo intraday a 87,55 yen. Per Hirai, i driver per un rally del biglietto verde sono diversi e spaziano dai discorsi dei funzionari della Fed, alle trimestrali Usa, sino al meeting della Bank of Japan in calendario per il 21 e il 22 gennaio.

"Il rally segnala che ci sono ancora molti che sperano di acquistare il biglietto verde sui cali", ha affermato un dealer di una banca giapponese secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Mf DowJones. 

Secondo Daisaku Ueno, senior foreign exchange e fixed income strategist a Mitsubishi Ufj Morgan Stanley, "il trend di indebolimento dello yen rimane intatto".


Morgan Stanley inizia il 2013 comprando dollari


"Cominciamo l'anno comprando dollari" sul mercato dei cambi. 


E’ quel che scrivono gli economisti di Morgan Stanley Research in una nota diffusa il 7 gennaio, focalizzata per l’appunto sul Forex, e intitolata non a caso "Fx pulse". 

Per spiegare l'operazione gli analisti della banca d'affari a stelle e strisce fanno sapere: "Il nostro portafoglio valutario pesantemente esposto al rischio ha beneficiato della propensione al rischio del mercato durante la seconda metà del 2012, ma ora, con l'incertezza fiscale statunitense che potrebbe aleggiare sui mercati più di quanto inizialmente avevamo pensato, crediamo che i mercati, che stanno vivendo una fase toro (cosiddetta "bullish", ndr), potrebbero andare incontro a una correzione significativa".

Ecco perché gli esperti di Morgan Stanley, nella medesima nota, spiegano di avere inaugurato il 2013 acquistando dollari. 

Gli economisti, sempre a sostegno di questa tesi, offrono anche un quadro macroeconomico dell'attuale fase che stanno attraversando i mercati. 

"Mentre i dati asiatici sono fin qui rimasti forti - sottolineano - la performance economica più debole realizzata dall'Europa e il fatto che i consumi statunitensi stiano perdendo slancio rappresentano fattori che conducono a un aumento del rischio che anche i dati asiatici comincino presto a sorprendere in senso negativo".

Guardando poi in maniera particolare allo yen giapponese, gli esperti di Morgan Stanley evidenziano che la moneta nipponica, nel frattempo, ha già cominciato a perdere la propria caratteristica di "porto sicuro", "safe haven" in inglese, man mano che il governo domestico che si appresta a insediarsi alza il velo su politiche tese a indebolire la valuta. Secondo Morgan Stanley, in ogni caso, il Giappone, in questa fase necessita, di una moneta debole.


In Usa, superato lo scoglio del fiscal cliff , arriva quello del debito

Mercoledi 2 gennaio 2013


Nel primo giorno di apertura del 2013, i mercati finanziari festeggiano l'intesa raggiunta in extremis tra repubblicani e democratici statunitensi sul cosiddetto "fiscal cliff", ossia il precipizio fiscale, che avrebbe potuto portare a un forte rallentamento della locomotiva americana, comportando aumenti delle tasse e tagli alla spesa del valore di 600 miliardi di dollari. 

Nella sessione del 2 gennaio, a Milano, a Piazza Affari, in un clima politico dove già si respira aria di elezioni (in Italia sono in calendario per la fine di febbraio), il Ftse Mib, dopo un'apertura in rialzo di oltre il 2%, ha terminato la giornata con un forte progresso del 3,81% a quota 16.893,39 punti. In spolvero soprattutto il comparto bancario e in particolare la Popolare Emilia Romagna, che ha preso il 6,31%, Intesa Sanpaolo, in ascesa del 5,77% e Ubi Banca, che ha chiuso le contrattazioni con un più 5,36 per cento.

Bene anche le altre Borse europee: a Parigi l'indice Cac40 ha archiviato la prima seduta del 2013 con un progresso del 2,55% a 3.733,93 punti, a Londra il Ftse con un rialzo del 2,20% a 6.027,37 punti, e a Francoforte il Dax30 con un +2,19% a 7.778,78 punti. Di slancio anche Madrid, dove l'Ibex ha chiuso con un rialzo del 3,12% a 8.422,60.

Tuttavia, gli esperti di mercato invitano a non lasciarsi prendere dall'entusiasmo, perché, negli Stati Uniti, superato lo scoglio del fiscal cliff, la prossima grande sfida potrebbe già essere dietro l'angolo. Si tratta dell'innalzamento, nel giro di poche settimane, del tetto del debito federale, necessario a evitare rischi di default e declassamenti che potrebbero scuotere economia e mercati. 

Il problema del tetto del debito non è, infatti, stato affrontato nell'ambito dell'intesa di Capodanno. Gli Stati Uniti, ha fatto sapere il Tesoro, hanno ormai raggiunto il massimo prestabilito di 16.400 miliardi di dollari di debito e restano solventi grazie a una serie di misure straordinarie adottate dall'amministrazione di Barack Obama. Solo, però, fino a febbraio o al massimo a marzo, dopodiché potrebbe pertanto tornare a suonare un allarme simile a quello che negli ultimi mesi ha suonato per il fiscal cliff.