Continuano a fare rumore, negli ambienti
economico-finanziari, le parole pronunciate ieri dal presidente uscente
dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker, secondo il quale "i guadagni messi a
segno dall'euro, negli ultimi sei mesi, costituiscono una nuova minaccia per
l'economia dell'Eurozona".
E, ancora, sempre secondo Juncker, l'euro, da
circa sei mesi a questa parte, "sta viaggiando a livelli pericolosamente
alti" nei confronti del dollaro statunitense.
Proprio oggi, 16 gennaio, immancabile, è giunta la
reazione di altri personaggi di spicco dell'Eurozona.
Il governatore della
banca centrale austriaca, Ewald Nowotny, e membro del direttivo della Banca centrale
europea (Bce), dal canto suo, ha cercato di smorzare i toni e le preoccupazioni
sollevate da Juncker. Intervenendo, a Vienna, nel corso di una conferenza sulla
moneta unica, Nowotny, ha detto che il tasso di cambio dell'euro nei confronti
del dollaro "non è un problema" e che non vede una prospettiva di una
"tendenza al rialzo nel lungo periodo" quindi "non è una
questione di preoccupazione".
Le affermazioni di Nowotny riecheggiano in qualche
modo quelle del presidente dell'Eurotower, Mario Draghi, che la settimana
scorsa ha dichiarato che "sia il tasso di cambio reale che quello
effettivo dell'euro sono nella loro media di lungo termine".
Non solo:
secondo il governatore della banca centrale austriaca, "il peggio della
crisi è passato" e "siamo sulla buona strada, il percorso è ancora
difficile, ma la direzione è giusta". Tuttavia, ha avvertito "non
siamo ancora arrivati alla meta".
Subito dopo le parole di Nowotny, sul
mercato dei cambi, l'euro ha recuperato sul biglietto verde, riportandosi al di
sopra di quota 1,33.
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