Natixis Asset Management: in Italia rischio di voto anti euro



Economisti ed esperti di mercato cominciano a fare i conti con le conseguenze del risultato elettorale italiano del 24 e 25 febbraio. In uno studio ad hoc Philippe Waechter, capo economista di Natixis Asset Management (parte del gruppo Natixis Global Am – Ngam), ha puntato i riflettori sullo scenario del dopo elezioni in Italia e sui rischi che si prospettano per l’area dell'euro. 

Ecco quello che secondo Waechter è un punto interessante: "Gli italiani si sono riappropriati del proprio potere decisionale a livello politico -osserva - e quindi non potranno più puntare il dito contro l’Europa. Lo scenario che appare più probabile è quello di nuove elezioni, la cui data dovrà essere stabilita anche in base a quella delle elezioni presidenziali a suffragio indiretto di metà maggio. In questo periodo, a parte sperare in un contesto politico più positivo, le dinamiche dell'attività economica e dell’occupazione peseranno sullo stato d’animo della popolazione".

E secondo l'esperto di Natixis Asset Management, "se il contesto non sarà in via di miglioramento al momento delle elezioni, il rischio è quello di un massiccio voto di protesta anti Europa e anti euro. A quel punto, la situazione sarà molto preoccupante perché in tal caso potrebbero tornare i timori sulla stabilità dell’area euro e la volatilità potrebbe aumentare ulteriormente. 

Questo penalizzerebbe ulteriormente la dinamica dell’area euro, ritardando la ripresa del ciclo economico europeo. Al di là delle dinamiche interne - conclude Waechter - l’altro grande rischio è che il mondo intero non si interessi più all’Europa e all’area euro. Se in Europa continuerà a prevalere la volontà di essere virtuosi a tutti i costi, il mondo andrà avanti senza di noi. Questo scenario si sta già profilando. Possiamo solo sperare che non peggiori".    


Euro-dollaro: gli esperti attendono l’esito delle elezioni politiche italiane



Il "macromonitor" di questa settimana firmato dall'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, punta i riflettori verso i movimenti del dollaro statunitense e verso l’esito delle elezioni politiche italiane. "Sul mercato dei cambi - scrive l'esperto di Mps - si segnala la ripresa in settimana del dollaro, su aumento di avversione al rischio. Da inizio anno - prosegue Seminerio - il biglietto verde si è apprezzato contro yen, sterlina e alcune divise asiatiche emergenti, mentre ha perso terreno contro euro, valute scandinave e alcune latino-americane come il real brasiliano".

A parere di Seminerio, "questi movimenti hanno condotto alla minore correlazione tra mercati valutari globali registrata nell’ultimo decennio". Riguardo il cross euro-dollaro, "le previsioni devono necessariamente tenere in conto i movimenti indotti da aumento di incertezza in Eurozona, anche legata agli esiti elettorali italiani: secondo alcune stime, ogni 50 punti-base di allargamento degli spread (calcolati sul titolo di stato quinquennale) determinano un indebolimento dell’euro di 2 centesimi, e stesso effetto viene prodotto da un calo di 10 punti-base delle aspettative sui tassi della Bce rispetto a quelli della Fed".


E’ evidente gli esperti di valute ritengono che, oltre a tutta una serie di dati macroeconomici da osservare attentamente nella settimana cominciata il 25 febbraio, anche il risultato delle elezioni politiche italiane del 24 e 25 dello stesso mese potrebbe in qualche modo influenzare l'andamento del cross euro-dollaro. In attesa di conoscerlo, gli economisti di Cmc Markets, dal canto loro, vedono un euro-dollaro "più incline a tornare verso 1,29 almeno finché non riesce a tornare sopra 1,3320".




Schroders: gli investitori temono una ripresa dell’inflazione



Gli investitori guardano alle mosse, soprattutto sui tassi di interesse, della Banca centrale europea (Bce) e hanno paura dello spettro dell'inflazione. È quanto emerge dal sondaggio condotto da Schroders nel corso dell’ultima Investment Conference, che ha visto la partecipazione a Londra di oltre 125 investitori professionali provenienti da società di distribuzione di più di 30 Paesi in Europa, Medio Oriente e America Latina. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere il proprio parere sulle differenti asset class e di commentare l’operato della Bce, ovvero se questo possa determinare uno scenario inflazionistico.

I risultati del sondaggio mostrano che il 75% dei rispondenti ritiene che gli interventi della Banca Centrale aiuteranno a far ripartire il credito bancario e a stimolare la crescita a livello globale. La maggior parte (76%) teme tuttavia che questo comporterà un aumento dell’inflazione superiore al 4% annuo entro i prossimi cinque anni. Solo il 13% ritiene che il proprio portafoglio sia sufficientemente coperto contro il rischio inflazionistico.

In questo scenario potenzialmente inflazionistico è ampiamente condivisa l’opinione (89%) che, fino alla fine del 2013, i rendimenti più elevati giungeranno dall’azionario globale: il 68% degli intervistati dichiara di essere attualmente sovrappesato in questa asset class. All’interno dell’azionario globale emerge inoltre un chiaro interesse per i titoli europei, che secondo il 58% saranno i più performanti dell’anno. Questo dato conferma il risultato già emerso nel sondaggio della precedente edizione di ottobre, dove il 41% aveva affermato che, entro la fine dell’anno, avrebbe aumentato l’esposizione all’azionario Europa nei portafogli dei propri clienti.



L’euro-dollaro ritraccia dopo i dati macroeconomici



La mattina del 21 febbraio, sul mercato dei cambi, l'euro-dollaro viaggia in calo a 1,3190 dopo alcuni dati macroeconomici. 

E', infatti, peggiorata la contrazione dell'attività del settore privato in Europa nel mese di febbraio. 

Il Pmi preliminare manifatturiero per l'Eurozona è sceso leggermente a febbraio a 47,8 punti da 47,9 punti, contro stime che vedevano il dato a quota 48,3. 

L'indicatore composito è sceso a 47,3 punti da 49 contro stime che lo prevedevano stabile a 49 punti.

Il Pmi servizi è calato a 47,3 da 48,6 (stime a 49). In Francia, il Pmi composito è sceso a 42,3 punti da 42,7, sui minimi dal marzo 2009. Il Pmi manifatturiero è migliorato a 43,6 da 42,9. Migliore la situazione in Germania, dove il Pmi è superiore ai 50 punti e indica espansione: l'indice composito è comunque peggiorato a 52,7 da 54,4, mentre quello manifatturiero è salito da 49,8 a 50,1.

Tornando all'euro, proprio il 20 febbraio, Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, nel consueto studio giornalieri sui mercati dei cambi, scriveva: "Ci troviamo ora in territorio propedeutico ad ulteriori discese, che confermano come tutte le valute, a parte l’euro, stiano ottenendo delle svalutazioni più o meno volute.

La moneta unica europea - proseguiva Paganini - dopo aver rotto a rialzo i livelli di resistenza passanti tra 1,3380 e 1,3400 ha esteso fino alle prime resistenze ed ora offre la possibilità di assistere ad ulteriori rialzi nel momento in cui i supporti dovessero tenere, a causa del fatto che le politiche monetarie in atto risultano essere ben scontate degli investitori, che in momenti di propensione al rischio hanno mostrato volontà (anche se non conclamata e confermata) di procedere ad acquisti di moneta unica europea".


Merkel: “Euro-dollaro normale tra 1,30 e 1,40”



L'euro-dollaro tra 1,30 e 1,40? 

Non c'è nulla di male. A sostenerlo è stata Angela Merkel, cancelliera tedesca, il 20 febbraio, a Berlino, di fronte a una platea di economisti riuniti per il 50simo anniversario del Consiglio dei Cinque Saggi. "Corsi compresi tra 1,30 e 1,40 dollari sono nella normalità nella storia dell'euro. 

Noi, come Governo tedesco, siamo a favore di un libero andamento del corso di cambio dell'euro" e "non consideriamo fattibile una politica di cambio attiva".

Il Governo tedesco, ha tra l'altro aggiunto Merkel, lavora perché anche tutti gli altri Governi si attengano a una politica di libera evoluzione della valuta unica sui mercati. A questo fine, la cancelliera tedesca ha definito "un segnale importante" il comunicato congiunto dei Ministri finanziari del G20 da Mosca, nel quale si auspica il libero movimento dei tassi di cambio, cercando così di fermare sul nascere qualsiasi dibattito sulla presunta "guerra delle valute" in corso tra le principali aree economiche mondiali.

Nel suo intervento, Merkel ha anche detto di capire i timori e le preoccupazioni dei Paesi dell'Europa meridionale che sono riusciti "con grandi sforzi ad abbassare i costi unitari del lavoro" seppure nel quadro di un regime di tassi di cambio fissi dell'euro.

Nel suo discorso, la cancelliera ha anche indirettamente criticato l'atteggiamento di Tokyo, senza mai nominare il Giappone: "Vediamo - ha detto - che ci sono a intervalli regolari dei tentativi di deprezzare la propria valuta, attraverso misure di politica monetaria, così da aumentare la capacità export". Intanto, nel primo pomeriggio del 20 febbraio, il tasso di cambio euro-dollaro viaggia nei pressi di quota 1,337.    



Lo yen recupera terreno


Nella seduta di mercato del 19 febbraio, la Borsa di Tokyo ha terminato con un calo dello 0,31% dell'indice Nikkei 225 a 11.372,34 punti sulla scia di un contenuto apprezzamento dello yen. 

Il progresso della moneta nipponica, che anche se modesto ha spinto alcuni operatori a realizzare su titoli di imprese legate al settore dell'export, ha fatto seguito alle affermazioni del ministro giapponese delle Finanze, Taro Aso, che ha detto di non aver intenzione di domandare alla Banca del Giappone (BoJ) di acquistare obbligazioni di Paesi esteri e di non modificare la legge che governa la BoJ.

"Dopo la giornata di ieri, dove non si è certo manifestata volatilità - commenta Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, in una nota diffusa il 19 febbraio - oggi potrebbero tornare dei movimenti interessanti sul mercato. 

Il discorso di Draghi al Parlamento Europeo è passato in sordina, senza mostrare nessun effetto sulla moneta unica europea, che sta congestionando ancora tra 1,3300 e 1,3400, livelli che potrebbero portare ad accelerazioni, una volta rotti, verso 1,3250 o 1,3460 (con 1,3430 resistenza intermedia)".

Sul fronte dello yen, secondo Paganini, "dopo la pubblicazione delle minute della BoJ, all’interno delle quali si sono confermati i messaggi sui nuovi target di inflazione previsti al 2% (motivazioni macroeconomiche accettate di buon grado da tutti per giustificare i movimenti di svalutazione, o meglio, secondo quanto volutoci trasmettere dai leader mondiali, di perdita di valore relativa dello yen) abbiamo assistito ad un tentativo di recupero della valuta nipponica, sia contro euro che contro dollaro, senza tuttavia aver visto la rottura delle resistenze, che per il momento rimangono valide e possono portare a nuove partenze a ribasso per la valuta giapponese". 

Ultimo punto d’attenzione, secondo l'esperto valutario di Fxcm Italia, "risulta il dollaro australiano, dove la Rba ha lasciato intendere che potrebbe procedere a nuovi tagli di tassi a causa del rallentamento in essere dell’economia e all’inflazione in discesa (i prezzi delle materie prime di certo non aiutano l’Australia, grande esportatore, in questo momento)".    


Mig Bank non è più ribassista nei confronti del dollaro



Secondo molti osservatori, le politiche monetarie estremamente accomodanti e non ortodosse di questi giorni altro non sarebbero se non vere e proprie guerre valutarie sotto copertura, molto simili a quelle messe in atto negli anni Trenta. 

Una posizione rispetto alla quale il capo economista di Mig Bank Luciano Jannelli, non si trova d'accordo per una serie di ragioni. "Primo - afferma - perché, se l'obiettivo fosse il deprezzamento del valore nominale di tali monete si potrebbe facilmente concludere che saremmo di fronte a un insuccesso". 

In secondo luogo, prosegue l'esperto, "perché tipicamente le guerre valutarie portano alla distruzione dei rapporti commerciali e della produzione. Come vediamo, invece, la situazione attuale è molto diversa".

Ma per Jannelli l'aspetto forse più interessante da portare all'attenzione è che "probabilmente nel corso del prossimo anno potremmo assistere all'inversione di marcia di un declino quarantennale del dollaro Usa nei confronti delle principali monete". 

Secondo l'esperto, "per quanto nel lungo periodo ci siano indubbiamente degli effetti tra il tasso di cambio e la bilancia commerciale dei singoli paesi, nel periodo immediatamente successivo di uno shock enorme sulla domanda aggregata avrebbe probabilmente più senso guardare direttamente alla spesa che non agli effetti immediati sui prezzi. 

Ecco perché, dal mio punto di vista, per quanto riguarda gli Usa il miglioramento del trade balance ha più a che fare con la riduzione della domanda che non con (l'inesistente) deprezzamento dell'USD (infatti la riduzione del deficit di bilancio è andata di pari passo con l'incremento dei risparmi)". 

Jannelli, che sul biglietto verde è stato ribassista negli ultimi dieci anni, ora ha deciso di cambiare la propria view: "Per quanto, nel breve termine, potremmo assistere a un ulteriore apprezzamento delle monete a maggior rendimento come l'euro (specialmente se il quadro macroeconomico dovesse continuare a migliorare), ritengo che a un certo punto il rimpatrio di alcune attività manifatturiere verso gli Usa e la rivoluzione nell'industria dell'energia potrebbero rappresentare dei segnali di sostenibilità a lungo termine della crescita dei risparmi. 

E molto probabilmente a determinare questa reazione sarà ancora una volta l'azione della Fed".    


Euro-dollaro a 1,34 dopo la Bce e le parole di Draghi



Apertura dell'euro-dollaro a quota 1,34 nella seduta di venerdì 8 febbraio, il giorno dopo la riunione della Banca centrale europea (Bce), che ha lasciato i tassi di interesse di Eurolandia invariati. 

Sul tasso di cambio dell'euro, ha dichiarato il presidente della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che segue la decisione sul costo del denaro europeo, "prima di tutto, bisogna dire che l'apprezzamento della valuta unica è un segnale di ritorno di fiducia nell'Eurozona. 

Al netto della fiducia, bisogna aggiungere che i cambi devono riflettere i fondamentali e, in via generale, i tassi di cambio reali e nominali dell'euro sono vicini alla media di lungo periodo". Il tasso di cambio è un elemento importante per la crescita e la stabilità dei prezzi "ma non costituisce un obiettivo in sé" delle politiche della Banca centrale, ha ribadito Draghi.

Quanto alla politica monetaria della Bce, il suo numero uno ha spiegato che "è accomodante, manterremo il regime di disponibilità illimitata alle aste di rifinanziamento e siamo pronti a fornire piena liquidità alle banche ove necessario". 

Riferendosi poi agli istituti di credito, Draghi ha spiegato: "Abbiamo risolto il problema del funding bancario, non possiamo agire su quello dei ratio di capitale e sull'avversione al rischio che ha raggiunto livelli elevati". 

La risposta è che "continueremo a fare tutto il possibile perché il flusso del credito riprenda, sempre entro il nostro mandato che è quello della stabilità dei prezzi". Allo stesso tempo "pensiamo che tutte le azioni che abbiamo intrapreso troveranno il loro sbocco nell'economia, così da permettere una ripresa graduale nella seconda parte del 2013".


Rotazione sui mercati finanziari da maneggiare con cautela



La grande rotazione settoriale in atto sui mercati finanziari va trattata con cautela. 

A sostenerlo, in una nota diffusa il 6 febbraio, sono gli esperti di Forex di Jw Partners. 

"Come tutte le semplificazioni mediatiche - spiegano gli esperti di cambi - anche la grande rotazione va trattata con cautela. 

Il rischio che si riveli semplicemente una leggenda metropolitana c'è e va analizzato. 

In ogni caso qualche dato emerso di recente sembra indicare che il fenomeno non sia da sottovalutare: nella settimana conclusa il 30 gennaio i flussi di ingresso in fondi azionari sarebbero stati sei volte tanto rispetto a quelli in fondi obbligazionari".

Non solo: gli economisti di Jw Partners evidenziano che "secondo TrimTabs Investment Research nel mese di gennaio sarebbero stati investiti 77,4 miliardi di dollari in fondi ed Etf azionari, nuovo record che supera il precedente 53,7 miliardi (febbraio 2000). 

Se poi vogliamo osservare - proseguono - oltre ai flussi sui mercati globali, anche la situazione di asset allocation da cui partiamo, possiamo notare, ad esempio, che i fondi pensione di Harvard e Yale hanno rispettivamente il 14% e 27% allocati ad investimenti azionari rispetto a una media storica del 60% oppure che il Gpif, il fondo pensione pubblico giapponese (il più grande al mondo, ndr) dichiara di avere solo il 23% in azionario e il 73% in bond".

Insomma, "anche la price action delle ultime settimane sembra confermare una rotazione in atto: mercati azionari in salita insieme alle curve dei tassi che nei mercati core segnalano una prima seria inversione di trend da molti mesi a questa parte". 

Con queste premesse, secondo gli esperti valutari di Jw Partners, "le probabili correzioni cui andremo incontro sui mercati azionari saranno probabilmente limitate. Più preoccupante può essere invece quello che potrebbe succedere sui mercati obbligazionari se questa rotazione dovesse continuare. Specialmente nei segmenti corporate ed emerging markets che tanto di moda sono andati negli ultimi mesi".

Per quel che invece riguarda specificamente l'euro-dollaro, da Jw Partners fanno sapere che "l'estensione di venerdì a seguito della dichiarazione da parte del fondo sovrano cinese che è un buon momento per investire in Europa ha sicuramente accelerato una capitolazione di alcune posizioni corte. A chi fosse riuscito ad alleggerire il lungo sopra 1,36, consigliamo di ricomprare in area 1,35 o eventualmente di darsi una possibilità di rivedere 1,34 prima della riunione della Banca centrale europea di giovedì.

Al momento solo una discesa sotto 1,325 metterebbe in discussione la nostra visione rialzista".



Euro: per Jp Morgan Private Bank la soglia 1,3490 sul dollaro apre la pista a 1,38



L'euro? E' andato al di là dei propri fondamentali. 

Parola di Sara Yates, Global Currency Strategist di Jp Morgan Private Bank, che in uno studio sulla valuta scrive: "Grazie all'introduzione delle operazioni Omt (Outright Monetary Transaction) della Banca centrale europea (Bce), il forte calo dei rendimenti dei Paesi periferici indica che il rischio rappresentato dall’Eurozona per l'economia globale è diminuito". 

Una conseguenza di ciò, aggiunge Yates, "è che ora gli investitori probabilmente richiederanno un premio di rischio inferiore (uno sconto inferiore) per mantenere titoli denominati in euro".

E anche se questo implica una moneta unica più forte (in particolare contro la sterlina britannica), gli esperti di Jp Morgan Private Bank ritengono che l'euro "sia andato al di là dei suoi migliori fondamentali".

Detto questo, "crediamo che ci sia spazio affinché questo movimento si possa ampliare ulteriormente in futuro. Notiamo che l’analisi tecnica indica un movimento a 1,38 nel breve termine. Il fatto che questa soglia possa essere raggiunta questa settimana - prosegue Yates - dipenderà probabilmente da se e come il presidente della Bce Mario Draghi commenterà il recente rally dell'euro nel corso della conferenza stampa" dell'Eurotower, in calendario per giovedì 7 febbraio.

Sul più lungo termine, invece, Jp Morgan resta scettica sul fatto che l'euro possa mantenere questa forza. 

"Secondo le valutazioni di Bloomberg in termini di Ppp (Parità di potere d'acquisto) - fa notare in proposito Yates - l'euro è già costoso rispetto al dollaro americano.

Ulteriori apprezzamenti potrebbero ostacolare la ripresa dell’Eurozona, una ripresa che rimane incerta. L'outlook per gli Stati Uniti, invece, continua a essere stabile". 

Per questo motivo, tira le somme Yates, "continuiamo a prevedere un maggior rialzo dei rendimenti statunitensi, e ci aspettiamo che questo possa sostenere il dollaro americano rispetto alle valute a basso rendimento come sterlina britannica, euro e yen Giapponese". 

La mattina del 5 febbraio, intanto, l'euro-dollaro viaggia in salita a 1,35.


L’euro inizia in arretramento la settimana sul mercato dei cambi



Primo giorno della settimana all'insegna della debolezza per l'euro sui mercati dei cambi. In mattinata, la moneta unica viaggiava infatti sotto quota 1,36 nei confronti del dollari e in generale in tarda mattinata quotava sui minimi intraday sia verso sterlina, sia verso yen e franco svizzero.

Nel consueto studio di inizio settimana sui mercati finanziaria, chiamato "Macromonitor", l'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, scrive: "Sul mercato dei cambi, i movimenti sono stati condizionati da timori di movimenti rialzisti globali sui tassi d'interesse.

L'euro si è quindi rafforzato sul dollaro e lo yen si è indebolito, come accadrebbe di solito in circostanze di ridotta avversione al rischio e prospettive di crescita accresciute o percepite come tali. Considerazioni analoghe valgono anche per quasi tutte le valute dei paesi produttori di materie prime, al netto di fattori locali che hanno impedito gli esiti previsti. 

Le valute emergenti asiatiche (won sudcoreano, dollaro di Singapore e yuan cinese), ad esempio - prosegue l'economista di Mps Seminerio - si sono indebolite anziché apprezzarsi contro dollaro, probabilmente a causa della forte debolezza dello yen, che rischia di innescare un indebolimento dell´export globale di tali paesi e quindi di spingerli (come extrema ratio, e nella percezione del mercato) a manovre equivalenti sul proprio cambio, anche se al momento non vi sono evidenze che ciò possa accadere".

Secondo gli esperti di Cmc Markets, "qualora l'euro dovesse ulteriormente rafforzarsi nei confronti delle principali monete (e in particolare contro dollaro) occorrerà monitorare con attenzione ciò che potrebbe succedere nel corso della riunione della Bce questa settimana riguardo alle richieste provenienti da più parti di una riduzione dei tassi. 

Pur tuttavia, nonostante il calo dell'inflazione ai minimi degli ultimi due anni, una sforbiciata del costo del denaro sembra altamente improbabile se ricordiamo i toni utilizzati da Draghi in occasione dell'ultima conferenza stampa, il che indirettamente potrebbe confermare che l'euro è pronto per nuovi guadagni, a tutto discapito delle deboli economie periferiche".