Sui mercati dei cambi non si scommette più contro l’euro



La mattina del 21 gennaio, il primo giorno della settimana, sul mercato dei cambi, l'euro-dollaro ha aperto le contrattazioni in area 1,3321-1,3323, per poi portarsi, in mattinata, al di sotto di quota 1,3302. 

A intervenire sull'euro, dalle colonne dell'economia del Giornale è stato nei giorni scorsi Carlo Alberto De Casa, analista della società ActivTrades basata a Londra. 

Secondo l'esperto valutario, "sui mercati valutari non si gioca più la scommessa sul crollo dell’euro. Anzi. Oggi non solo bisogna stare attenti a puntare sempre contro la moneta unica, ma bisogna pensare anche a entrare a favore dell’euro. Soprattutto nelle fasi in cui i mercati azionari sono impostati al rialzo, in quanto il cambio euro dollaro spesso è correlato con l’andamento delle borse”.

Non a caso, chi nei mesi passati è tornato con prontezza a credere alla solidità dell’euro è riuscito a guadagnare attraverso questa operazione. 

A un certo punto, spiega De Casa, come “sul dollaro la moneta unica stesse perdendo terreno con decisione: erano sufficienti 1,20 dollari per un euro. 

Poi, a fine luglio, l’intervento del Presidente della Bce Mario Draghi ha dato una svolta alla situazione. 

Quelle erano le parole che servivano ai mercati per evitare una disgregazione della valuta unica.

Passando invece a qualche previsione per il 2013, De Casa fa sapere di attendersi che la valuta unica oscilli in un intervallo tra 1,20-1,38, con una volatilità inferiore rispetto al 2012, ma ancora presente.

Secondo alcuni esperti, in questa fase, sul mercato dei cambi, focalizzando l’attenzione sugli Stati Uniti, resta l´attesa per i negoziati sul fiscal cliff (tagli automatici di spesa al primo marzo e serrata del governo il 27 marzo, in caso di assenza di accordo sull´innalzamento del tetto legale al debito federale). 

Resta poi da valutare la disponibilità dei Repubblicani a spostare in avanti il tetto di debito di circa un trimestre. 

In caso di eliminazione dei tagli di spesa per l´anno in corso (come auspicato implicitamente dal Fondo Monetario Internazionale, che ritiene che gli Stati Uniti abbiano già effettuato la stretta fiscale massima non controproducente, stimata a circa l´1-1,5 per cento di Pil), e di un innalzamento del tetto di debito per l´intero anno, si rimuoverebbero ostacoli alla crescita statunitense, sostenendo quindi una fase di propensione al rischio e di strategie di carry trade che indebolirebbero il biglietto verde.


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