Fugnoli: "Niente più euro se la recessione non finisce presto"


Addio all'euro se la recessione non finisce presto. Questa la posizione che Antonio Fugnoli, esperto finanziario di Kairos, esprime nel suo consueto studio settimanale "Il rosso e il nero". 

Qui Fugnoli scrive: "La vicenda di Cipro aumenta la sfiducia sull’euro e sull’Europa in un momento in cui proprio non ce ne sarebbe bisogno. A onore della cancelliera tedesca Angela Merkel bisogna dire che in questo modo i pacchetti di salvataggio riescono a passare al Bundesbank, mentre l’opposizione interna all’euro rimane abbastanza circoscritta". 

Tuttavia, prosegue l'esperto, "se il prezzo è l’avvitamento nell’austerità e nella recessione di mezzo continente è solo questione di tempo prima che l’opposizione all’euro nei paesi in crisi (e, specularmente, in Germania) si coaguli e prenda forza. Tre anni fa, ai primi segni di crisi economica, molti osservatori hanno ipotizzato fratture sociali e stati di rivolta che poi non si sono verificati. Oggi si rischia di cadere nell’errore di credere a una tenuta permanente di società e modelli politici che non sono per nulla attrezzati per una decrescita senza fine. Il benessere accumulato nel dopoguerra ha molto attutito la crisi e ha rallentato i tempi di reazione, ma il voto italiano mostra che la capacità di soffrire senza intravedere una via d’uscita non è infinita".

Ecco perché, a giudizio di Fugnoli, "l'euro non ha molto tempo per mostrare di essere qualcosa di più di uno strumento per fare follie prima e penitenze senza fine più tardi". In tale contesto, "Merkel, che ha un grande senso del timing e un’eccellente percezione del momento in cui la corda tirata rischia davvero di spezzarsi, ha compiuto una prima spettacolare ritirata in agosto con l’accettazione della mutualizzazione del debito attraverso la Bce e ne sta compiendo una seconda, altrettanto spettacolare, sulla politica fiscale dei paesi mediterranei in crisi, cui vanno aggiunte Francia e Olanda in stagnazione. 

L’austerità è finita, gli obiettivi di disavanzo sono stati spostati in avanti nel tempo e tutto fa pensare che non verranno nemmeno rispettati. Il motore fiscale della stabilizzazione (e di una debole ripresa) è dunque già partito - conclude Fugnoli - ma la crisi che ci portiamo dietro produrrà ancora, inerzialmente, effetti ritardati particolarmente sgradevoli, come l’aumento della disoccupazione in Italia nei prossimi mesi".          


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