Sabato 22 dicembre 2012
E se cominciassimo a non dare così tanta importanza
all'inflazione?
A lanciare la proposta è il professore di Harvard Jeffrey
Frankel, che in un recente articolo disponibile online
(http://www.project-syndicate.org/commentary/monetary-policy-should-target-nominal-gdp-growth-by-jeffrey-frankel)
ha invitato le banche centrali internazionali a riconsiderare il proprio modo
di fare politica monetaria.
Tra i suoi interlocutori ci sono, naturalmente, sia
la Federal Reserve (Fed) statunitense capitanata da Ben Bernanke, sia la Banca
centrale europea (Bce) guidata dall'italianissimo Mario Draghi.
Frankel, in
particolare, ritiene che i policymaker monetari in alcune aree - e il
riferimento al Vecchio continente è abbastanza esplicito - dovrebbero pensare
di spostarsi in direzione di un obiettivo di Prodotto interno lordo (Pil) di
tipo nominale piuttosto che reale, ossia legato all’inflazione.
"Il vantaggio - spiega Frankel nell'articolo - di
un Pil target nominale rispetto a un obiettivo parametrato all'inflazione è la
sua robustezza, in particolare in relazione agli shock all'offerta e ai termini
commerciali".
Frankel fornisce subito un esempio riferito all'Eurozona: "Con
un Pil target nominale, la Bce avrebbe potuto evitare l'errore commesso nel
luglio del 2008, quando, proprio mentre l'economia stava sprofondando nella
recessione, ha risposto a un incremento dei prezzi petroliferi mondiali alzando
i tassi di interesse di riferimento dell’area in modo da combattere
l'inflazione dei prezzi al consumo".
Quanto alla Fed, secondo Frankel,
"allo stesso modo avrebbe potuto evitare l'errore di una politica
monetaria eccessivamente morbida nel periodo 2004-2006, quando la crescita annua
del Pil nominale superava il 6 per cento".
Ma Frankel non prevede
cambiamenti monetari traumatici: a parere del professore di Harvard,
l’approccio a un target nominale di Pil dovrebbe essere graduale.
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