Le prospettive per la congiuntura economica dei Paesi
dell'area dell'euro restano deboli.
Lo ha dichiarato il presidente della Banca
centrale europea (Bce), Mario Draghi, dopo la decisione, presa giovedì 8
novembre e ampiamente scontata, di lasciare i tassi di interesse di riferimento
di Eurolandia all'attuale minimo storico dello 0,75 per cento.
L'attività
economica dell'Eurozona, ha dichiarato Draghi durante la consueta conferenza
stampa che ha seguito la decisione sui tassi, "resterà debole" a
fronte di un'inflazione sopra il 2% da qui a fine anno e in discesa solo a
partire dal 2013.
Gli indicatori economici, ha precisato il numero uno
dell'Eurotower, mostrano che "la crescita è stata debole nel secondo
semestre di quest'anno" e che questo trend "continuerà anche nel
2013".
Le attuali pressioni sui prezzi, in ogni caso, dovrebbero essere
"transitorie" e non mettere a rischio il raggiungimento degli
obiettivi di stabilità a medio termine che la Bce si prefigge. Per valutare se
la situazione si è normalizzata nell'Eurozona, ha spiegato Draghi, "si
dovrebbe guardare alla frammentazione di alcuni segmenti di mercato piuttosto
che al livello degli spread o dei rendimenti".
Secondo il presidente della
Bce, infatti, "se guardiamo all'andamento dei prestiti alle piccole e
medie imprese, allora non siamo soddisfatti delle condizioni di credito"
in Eurolandia. "C'è ancora una frammentazione e una rinazionalizzazione
del sistema bancario in termini di differenze nel costo della raccolta che
vanno oltre quanto giustificato dai fondamentali. La nostra priorità - ha detto
Draghi - è riparare i canali di trasmissione della politica monetaria così da
poter garantire la stabilità dei prezzi".
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