Bce, è bagarre sulla nomina di Mersch, lettera di protesta di Schulz a Van Rompuy


Salgono sempre di più le tensioni tra Europarlamento e Unione europea a seguito della la nomina
del lussemburghese Yves Mersch nel comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce).
Nei giorni scorsi, il Parlamento europeo aveva votato contro la designazione di Mersch, non
per questioni di merito ma per la mancanza di candidature femminili. Va infatti ricordato che
se Mersch entrasse nel board della Bce sarebbe di fatto il sesto uomo del comitato esecutivo
ma anche il 23esimo su 23 del consiglio direttivo dell’authority monetaria chiamata in primis a
decidere sui tassi di interesse di Eurolandia. Un paradosso, almeno all'apparenza, se si considera
che in seno alla Commissione Ue c'è in corso una battaglia per imporre una percentuale minima di
donne nei consigli di amministrazione delle aziende europee quotate.

Tuttavia, la presa di posizione dell'Europarlamento non è vincolante, tant'è che il presidente
del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, come del resto era ampiamente previsto, ha
deciso di avviare la cosiddetta "procedura scritta", ignorando il parere negativo. Van Rompuy
ha infatti inviato ai capi di stato e di governo dei 17 paesi dell'Eurozona una lettera per chiedere
l'approvazione della candidatura di Mersch, che era stata proposta a maggio dal presidente
dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker e avallata dall'Ecofin a luglio.

Ma l'atto di Van Rompuy è stato preso male dagli eurodeputati Sven Giegold (Verdi) e Sylvie
Goulard (liberale) che, a loro volta, il 2 novembre, gli hanno indirizzato una lettera di protesta
indicando che "la procedura scritta distrugge la fiducia reciproca", "non migliora la legittimità
democratica della Ue" e "non risponde all'esigenza di una cooperazione sincera" tra le due
istituzioni.

Sempre in tema di "quote rosa", va ricordato che, alla fine di ottobre, i commissari europei non
hanno trovato l'accordo sulla proposta della rappresentante della giustizia Viviane Reding che
avrebbe dovuto introdurre una percentuale minima di donne nei consigli di amministrazione
delle società quotate in borsa.

Come illustrato nel documento presentato lo scorso marzo, il sesso femminile oggi nei consigli di amministrazione europei non raggiunge il 14% dei componenti. "Non mi arrendo" ha detto Reding. "Il presidente metterà questo all'ordine del giorno della Commissione ancora una volta prima della fine di novembre". A fine mese, dunque, si potrebbe tornare a parlare di quote rosa in Europa (in Italia una legge simile è già in vigore).


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