Macromonitor: “Lo yen potrebbe rafforzarsi nel breve termine”


Mentre all’inizio del pomeriggio del primo giorno della settimana il tasso di cambio euro-dollaro viaggia a 1,3391, giunge la consueta analisi del lunedì firmata dall'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminario. 

Che nel suo "Macromonitor", nella parte dedicata al mercato valutario, scrive: "Febbraio è iniziato con una parziale inversione dei movimenti di gennaio. 

L’euro ha restituito circa la metà del proprio rafforzamento nel primo mese dell’anno, lo yen circa un quarto delle proprie perdite ed il franco svizzero metà delle proprie, in un movimento correttivo che appare aderente a una migliore valutazione della realtà".


Nel frattempo, la Banca centrale europea (Bce), nella seduta di giovedì scorso da cui è uscito un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse dei paesi dell’area dell’euro, come evidenza Seminerio nello studio settimanale, "ha segnalato che la liquidità in eccesso resterà ampia (sopra il livello di 200 miliardi), malgrado i rimborsi anticipati dei prestiti Ltro da parte del sistema bancario". 

Questo, secondo l'economista Seminerio, "limiterà l’ascesa dei tassi a breve termine, riducendo il potenziale di apprezzamento dell’euro". 

Non solo: "Il G20 della settimana prossima è atteso ad una valutazione della situazione sullo yen, e Tokyo potrebbe essere criticata per la rapidità e la volatilità del movimento, qualcosa che il governo Abe ha in parte già riconosciuto. 

Lo yen potrebbe quindi rafforzarsi nel breve termine, senza contare che la reflazione al livello del 2 per cento di prezzi al consumo potrebbe rivelarsi velleitaria".


La Bce mantiene i tassi invariati allo 0,75%


Dalla riunione della Banca centrale europea (Bce) del 7 marzo è giunto un nuovo nulla di fatto sui tassi di interesse, che pertanto sono stati confermati ai minimi di sempre pari allo 0,75 per cento.

La decisione era attesa dal mercato. L'Eurotower ha lasciato invariati anche il tasso marginale all'1,5% e quello sui depositi a zero. Tuttavia, il numero uno della Bce, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa che ha seguito la decisione sui tassi, ha fatto sapere che "è stata vocata la possibilità del taglio dei tassi ma ha prevalso il no".

Come evidenzia Davide Marone, analista valutario di Fxcm Italia in una nota diffusa il 7 marzo a mercati chiusi, “l’evento catalizzatore della giornata, oltre che della settimana, è stata la conferenza stampa del presidente della Mario Draghi successiva alla decisione sui tassi d’interesse, rimasti invariati come ampiamente previsto. 

Il tono del banchiere centrale - prosegue Marone - è stato piuttosto dovish e non vi sono stati riferimenti diretti al tasso di cambio euro-dollaro, mentre molto sommario è stato il cenno circa la possibilità di futuro taglio dei tassi, che ad ora non rappresenta uno scenario probabile. 

La volatilità, compressa per gran parte della settimana, è così potuta esplodere a favore di un rialzo per l’eurodollaro in grado di portarsi dai minimi addirittura sulle resistenza in area 1,3120 dove sta andando a consolidarsi sulle prime prese di profitto". 


Secondo Marone, è dalla tenuta di questo livello "che dipende il prossimo scenario del cambio". Intanto, l'8 marzo è atteso al banco di prova dal dato sulla disoccupazione americana.



Morgan Stanley Research chiude la posizione long sull’euro-dollaro



Gli economisti di Morgan Stanley Research chiudono la loro posizione long, ossia rialzista, sull'euro-dollaro. A farlo sapere sono gli stessi analisti, in una nota inviata il primo marzo dove si concentrano sul forex. "Il contesto politico incerto - scrivono - che segue le elezioni italiane ha messo fine allo scenario di overshoot della moneta unica".

Ecco perché adesso Morgan Stanley Research suggerisce che "un ulteriore potenziale upside del cross euro-dollaro nei prossimi mesi è probabile che sia più limitato", mentre per quel che riguarda un orizzonte di più breve termine "i rischi si sono spostati per un downside", ossia un movimento al ribasso del cambio.

Intanto, la mattina del primo marzo, l'euro-dollaro appare stabile sui mercati dei cambi a quota 1,3074 dopo l'uscita di alcuni dati macroeconomici. Secondo gli esperti di Cmc Markets, "l'eurodollaro continua a mantenersi sopra 1,30 con prossima resistenza a 1,3160", mentre "il cross sterlina-dollaro deve rafforzarsi oltre 1,5270 per riagguantare area 1,5400 mentre l'euro tentenna nei confronti della sterlina con tendenza ribassista confermata solo sotto 0,8580". Sempre a parere degli esperti valutari di Cmc Markets, il cross dollaro-yen "sopra i 92,40 riapre la porta per area 93,20 prima e 94 poi".



Natixis Asset Management: in Italia rischio di voto anti euro



Economisti ed esperti di mercato cominciano a fare i conti con le conseguenze del risultato elettorale italiano del 24 e 25 febbraio. In uno studio ad hoc Philippe Waechter, capo economista di Natixis Asset Management (parte del gruppo Natixis Global Am – Ngam), ha puntato i riflettori sullo scenario del dopo elezioni in Italia e sui rischi che si prospettano per l’area dell'euro. 

Ecco quello che secondo Waechter è un punto interessante: "Gli italiani si sono riappropriati del proprio potere decisionale a livello politico -osserva - e quindi non potranno più puntare il dito contro l’Europa. Lo scenario che appare più probabile è quello di nuove elezioni, la cui data dovrà essere stabilita anche in base a quella delle elezioni presidenziali a suffragio indiretto di metà maggio. In questo periodo, a parte sperare in un contesto politico più positivo, le dinamiche dell'attività economica e dell’occupazione peseranno sullo stato d’animo della popolazione".

E secondo l'esperto di Natixis Asset Management, "se il contesto non sarà in via di miglioramento al momento delle elezioni, il rischio è quello di un massiccio voto di protesta anti Europa e anti euro. A quel punto, la situazione sarà molto preoccupante perché in tal caso potrebbero tornare i timori sulla stabilità dell’area euro e la volatilità potrebbe aumentare ulteriormente. 

Questo penalizzerebbe ulteriormente la dinamica dell’area euro, ritardando la ripresa del ciclo economico europeo. Al di là delle dinamiche interne - conclude Waechter - l’altro grande rischio è che il mondo intero non si interessi più all’Europa e all’area euro. Se in Europa continuerà a prevalere la volontà di essere virtuosi a tutti i costi, il mondo andrà avanti senza di noi. Questo scenario si sta già profilando. Possiamo solo sperare che non peggiori".    


Euro-dollaro: gli esperti attendono l’esito delle elezioni politiche italiane



Il "macromonitor" di questa settimana firmato dall'economista di Monte dei Paschi di Siena, Mario Seminerio, punta i riflettori verso i movimenti del dollaro statunitense e verso l’esito delle elezioni politiche italiane. "Sul mercato dei cambi - scrive l'esperto di Mps - si segnala la ripresa in settimana del dollaro, su aumento di avversione al rischio. Da inizio anno - prosegue Seminerio - il biglietto verde si è apprezzato contro yen, sterlina e alcune divise asiatiche emergenti, mentre ha perso terreno contro euro, valute scandinave e alcune latino-americane come il real brasiliano".

A parere di Seminerio, "questi movimenti hanno condotto alla minore correlazione tra mercati valutari globali registrata nell’ultimo decennio". Riguardo il cross euro-dollaro, "le previsioni devono necessariamente tenere in conto i movimenti indotti da aumento di incertezza in Eurozona, anche legata agli esiti elettorali italiani: secondo alcune stime, ogni 50 punti-base di allargamento degli spread (calcolati sul titolo di stato quinquennale) determinano un indebolimento dell’euro di 2 centesimi, e stesso effetto viene prodotto da un calo di 10 punti-base delle aspettative sui tassi della Bce rispetto a quelli della Fed".


E’ evidente gli esperti di valute ritengono che, oltre a tutta una serie di dati macroeconomici da osservare attentamente nella settimana cominciata il 25 febbraio, anche il risultato delle elezioni politiche italiane del 24 e 25 dello stesso mese potrebbe in qualche modo influenzare l'andamento del cross euro-dollaro. In attesa di conoscerlo, gli economisti di Cmc Markets, dal canto loro, vedono un euro-dollaro "più incline a tornare verso 1,29 almeno finché non riesce a tornare sopra 1,3320".




Schroders: gli investitori temono una ripresa dell’inflazione



Gli investitori guardano alle mosse, soprattutto sui tassi di interesse, della Banca centrale europea (Bce) e hanno paura dello spettro dell'inflazione. È quanto emerge dal sondaggio condotto da Schroders nel corso dell’ultima Investment Conference, che ha visto la partecipazione a Londra di oltre 125 investitori professionali provenienti da società di distribuzione di più di 30 Paesi in Europa, Medio Oriente e America Latina. Agli intervistati è stato chiesto di esprimere il proprio parere sulle differenti asset class e di commentare l’operato della Bce, ovvero se questo possa determinare uno scenario inflazionistico.

I risultati del sondaggio mostrano che il 75% dei rispondenti ritiene che gli interventi della Banca Centrale aiuteranno a far ripartire il credito bancario e a stimolare la crescita a livello globale. La maggior parte (76%) teme tuttavia che questo comporterà un aumento dell’inflazione superiore al 4% annuo entro i prossimi cinque anni. Solo il 13% ritiene che il proprio portafoglio sia sufficientemente coperto contro il rischio inflazionistico.

In questo scenario potenzialmente inflazionistico è ampiamente condivisa l’opinione (89%) che, fino alla fine del 2013, i rendimenti più elevati giungeranno dall’azionario globale: il 68% degli intervistati dichiara di essere attualmente sovrappesato in questa asset class. All’interno dell’azionario globale emerge inoltre un chiaro interesse per i titoli europei, che secondo il 58% saranno i più performanti dell’anno. Questo dato conferma il risultato già emerso nel sondaggio della precedente edizione di ottobre, dove il 41% aveva affermato che, entro la fine dell’anno, avrebbe aumentato l’esposizione all’azionario Europa nei portafogli dei propri clienti.



L’euro-dollaro ritraccia dopo i dati macroeconomici



La mattina del 21 febbraio, sul mercato dei cambi, l'euro-dollaro viaggia in calo a 1,3190 dopo alcuni dati macroeconomici. 

E', infatti, peggiorata la contrazione dell'attività del settore privato in Europa nel mese di febbraio. 

Il Pmi preliminare manifatturiero per l'Eurozona è sceso leggermente a febbraio a 47,8 punti da 47,9 punti, contro stime che vedevano il dato a quota 48,3. 

L'indicatore composito è sceso a 47,3 punti da 49 contro stime che lo prevedevano stabile a 49 punti.

Il Pmi servizi è calato a 47,3 da 48,6 (stime a 49). In Francia, il Pmi composito è sceso a 42,3 punti da 42,7, sui minimi dal marzo 2009. Il Pmi manifatturiero è migliorato a 43,6 da 42,9. Migliore la situazione in Germania, dove il Pmi è superiore ai 50 punti e indica espansione: l'indice composito è comunque peggiorato a 52,7 da 54,4, mentre quello manifatturiero è salito da 49,8 a 50,1.

Tornando all'euro, proprio il 20 febbraio, Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, nel consueto studio giornalieri sui mercati dei cambi, scriveva: "Ci troviamo ora in territorio propedeutico ad ulteriori discese, che confermano come tutte le valute, a parte l’euro, stiano ottenendo delle svalutazioni più o meno volute.

La moneta unica europea - proseguiva Paganini - dopo aver rotto a rialzo i livelli di resistenza passanti tra 1,3380 e 1,3400 ha esteso fino alle prime resistenze ed ora offre la possibilità di assistere ad ulteriori rialzi nel momento in cui i supporti dovessero tenere, a causa del fatto che le politiche monetarie in atto risultano essere ben scontate degli investitori, che in momenti di propensione al rischio hanno mostrato volontà (anche se non conclamata e confermata) di procedere ad acquisti di moneta unica europea".


Merkel: “Euro-dollaro normale tra 1,30 e 1,40”



L'euro-dollaro tra 1,30 e 1,40? 

Non c'è nulla di male. A sostenerlo è stata Angela Merkel, cancelliera tedesca, il 20 febbraio, a Berlino, di fronte a una platea di economisti riuniti per il 50simo anniversario del Consiglio dei Cinque Saggi. "Corsi compresi tra 1,30 e 1,40 dollari sono nella normalità nella storia dell'euro. 

Noi, come Governo tedesco, siamo a favore di un libero andamento del corso di cambio dell'euro" e "non consideriamo fattibile una politica di cambio attiva".

Il Governo tedesco, ha tra l'altro aggiunto Merkel, lavora perché anche tutti gli altri Governi si attengano a una politica di libera evoluzione della valuta unica sui mercati. A questo fine, la cancelliera tedesca ha definito "un segnale importante" il comunicato congiunto dei Ministri finanziari del G20 da Mosca, nel quale si auspica il libero movimento dei tassi di cambio, cercando così di fermare sul nascere qualsiasi dibattito sulla presunta "guerra delle valute" in corso tra le principali aree economiche mondiali.

Nel suo intervento, Merkel ha anche detto di capire i timori e le preoccupazioni dei Paesi dell'Europa meridionale che sono riusciti "con grandi sforzi ad abbassare i costi unitari del lavoro" seppure nel quadro di un regime di tassi di cambio fissi dell'euro.

Nel suo discorso, la cancelliera ha anche indirettamente criticato l'atteggiamento di Tokyo, senza mai nominare il Giappone: "Vediamo - ha detto - che ci sono a intervalli regolari dei tentativi di deprezzare la propria valuta, attraverso misure di politica monetaria, così da aumentare la capacità export". Intanto, nel primo pomeriggio del 20 febbraio, il tasso di cambio euro-dollaro viaggia nei pressi di quota 1,337.    



Lo yen recupera terreno


Nella seduta di mercato del 19 febbraio, la Borsa di Tokyo ha terminato con un calo dello 0,31% dell'indice Nikkei 225 a 11.372,34 punti sulla scia di un contenuto apprezzamento dello yen. 

Il progresso della moneta nipponica, che anche se modesto ha spinto alcuni operatori a realizzare su titoli di imprese legate al settore dell'export, ha fatto seguito alle affermazioni del ministro giapponese delle Finanze, Taro Aso, che ha detto di non aver intenzione di domandare alla Banca del Giappone (BoJ) di acquistare obbligazioni di Paesi esteri e di non modificare la legge che governa la BoJ.

"Dopo la giornata di ieri, dove non si è certo manifestata volatilità - commenta Matteo Paganini, analista valutario di Fxcm Italia, in una nota diffusa il 19 febbraio - oggi potrebbero tornare dei movimenti interessanti sul mercato. 

Il discorso di Draghi al Parlamento Europeo è passato in sordina, senza mostrare nessun effetto sulla moneta unica europea, che sta congestionando ancora tra 1,3300 e 1,3400, livelli che potrebbero portare ad accelerazioni, una volta rotti, verso 1,3250 o 1,3460 (con 1,3430 resistenza intermedia)".

Sul fronte dello yen, secondo Paganini, "dopo la pubblicazione delle minute della BoJ, all’interno delle quali si sono confermati i messaggi sui nuovi target di inflazione previsti al 2% (motivazioni macroeconomiche accettate di buon grado da tutti per giustificare i movimenti di svalutazione, o meglio, secondo quanto volutoci trasmettere dai leader mondiali, di perdita di valore relativa dello yen) abbiamo assistito ad un tentativo di recupero della valuta nipponica, sia contro euro che contro dollaro, senza tuttavia aver visto la rottura delle resistenze, che per il momento rimangono valide e possono portare a nuove partenze a ribasso per la valuta giapponese". 

Ultimo punto d’attenzione, secondo l'esperto valutario di Fxcm Italia, "risulta il dollaro australiano, dove la Rba ha lasciato intendere che potrebbe procedere a nuovi tagli di tassi a causa del rallentamento in essere dell’economia e all’inflazione in discesa (i prezzi delle materie prime di certo non aiutano l’Australia, grande esportatore, in questo momento)".    


Mig Bank non è più ribassista nei confronti del dollaro



Secondo molti osservatori, le politiche monetarie estremamente accomodanti e non ortodosse di questi giorni altro non sarebbero se non vere e proprie guerre valutarie sotto copertura, molto simili a quelle messe in atto negli anni Trenta. 

Una posizione rispetto alla quale il capo economista di Mig Bank Luciano Jannelli, non si trova d'accordo per una serie di ragioni. "Primo - afferma - perché, se l'obiettivo fosse il deprezzamento del valore nominale di tali monete si potrebbe facilmente concludere che saremmo di fronte a un insuccesso". 

In secondo luogo, prosegue l'esperto, "perché tipicamente le guerre valutarie portano alla distruzione dei rapporti commerciali e della produzione. Come vediamo, invece, la situazione attuale è molto diversa".

Ma per Jannelli l'aspetto forse più interessante da portare all'attenzione è che "probabilmente nel corso del prossimo anno potremmo assistere all'inversione di marcia di un declino quarantennale del dollaro Usa nei confronti delle principali monete". 

Secondo l'esperto, "per quanto nel lungo periodo ci siano indubbiamente degli effetti tra il tasso di cambio e la bilancia commerciale dei singoli paesi, nel periodo immediatamente successivo di uno shock enorme sulla domanda aggregata avrebbe probabilmente più senso guardare direttamente alla spesa che non agli effetti immediati sui prezzi. 

Ecco perché, dal mio punto di vista, per quanto riguarda gli Usa il miglioramento del trade balance ha più a che fare con la riduzione della domanda che non con (l'inesistente) deprezzamento dell'USD (infatti la riduzione del deficit di bilancio è andata di pari passo con l'incremento dei risparmi)". 

Jannelli, che sul biglietto verde è stato ribassista negli ultimi dieci anni, ora ha deciso di cambiare la propria view: "Per quanto, nel breve termine, potremmo assistere a un ulteriore apprezzamento delle monete a maggior rendimento come l'euro (specialmente se il quadro macroeconomico dovesse continuare a migliorare), ritengo che a un certo punto il rimpatrio di alcune attività manifatturiere verso gli Usa e la rivoluzione nell'industria dell'energia potrebbero rappresentare dei segnali di sostenibilità a lungo termine della crescita dei risparmi. 

E molto probabilmente a determinare questa reazione sarà ancora una volta l'azione della Fed".