E' ormai scattato il conto alla rovescia alle elezioni presidenziali statunitensi del 6 novembre.
Gli americani sono chiamati al voto e, in particolare, a scegliere tra il candidato democratico
Barack Obama, attualmente in carica, e quello repubblicano Mitt Romney.
Una scelta che, inevitabilmente, avrà un impatto anche sull’economia e i mercati finanziari, compreso quelle
delle valute.
Secondo gli esperti di Ig, società attiva nel mercato dei Cfd (contratti per differenza) su azioni, indici, forex, una possibile rielezione di Obama porterebbe al mantenimento di una
politica monetaria espansiva e al sostegno del mercato del lavoro con la spesa pubblica, misure che potrebbero riportare il tasso di disoccupazione a fine mandato, tra il 5,5 e il 5,8 per cento.
Una simile politica potrebbe, però, incrementare una spirale inflattiva nei prossimi 3-6 mesi,
con il tasso d’inflazione previsto nell’intervallo tra il 2,5 e il 2,8% anno su anno, dall’attuale 2 per
cento.
Per quanto riguarda le valute, una eventuale riconferma di Obama potrebbe contribuire
a rinsaldare le aspettative di una politica monetaria “dovish” e quindi poco aggressiva da parte
della Federal Reserve (Fed), che potrebbe così tenere il biglietto verde particolarmente debole
verso le principale valute.
In particolare, l’euro/dollaro entro fine anno potrebbe attestarsi intorno
alla soglia dell’1,35. Nei prossimi sei mesi, se dovesse trovare il sostegno dei mercati azionari e
di alcuni fattori esogeni, come la concessione di aiuti alla Spagna, il cross tra la moneta unica e il
biglietto verde potrebbe raggiungere il target posizionato a 1,42.
Al contrario, una eventuale vittoria del repubblicano Romney dovrebbe comportare una modifica
nelle aspettative degli investitori sulle strategie monetarie della Fed. Alla scadenza del mandato
del governatore Bernanke, nel gennaio 2014, si potrebbe vedere l’ascesa di un economista
più attento al controllo dell’inflazione e più incline a promuovere una politica monetaria
maggiormente restrittiva. Ciò potrebbe impattare pesantemente sulle aspettative inflattive, con la
crescita dei prezzi che potrebbe rallentare notevolmente, attestandosi tra l’1,2-1,8% nel triennio
2014-2016.
Insomma, secondo gli analisti di Ig, la politica economica di Obama sembra essere incentrata più
su un ampliamento della spesa pubblica come unica fonte di sostegno all’occupazione, mentre
per Romney le manovre più incisive riguardano il lato delle entrate, ovvero il taglio delle tasse.
“Difficile stabilire ex ante quale possa essere più efficace in un orizzonte temporale di medio
termine. La nostra view - sostengono gli esperti di Ig - è che la scelta di Obama potrebbe avere un
impatto imminente sui consumi, dato che l’occupazione è alla base della sua politica economica.
Romney, invece, ritiene che la forte riduzione dell’imposizione fiscale a imprese e famiglie possa
essere da stimolo sia per un’accelerazione nella crescita di nuovi impieghi che per un marcato
incremento nella spesa per consumi. A nostro avviso, però i livelli già particolarmente bassi delle
imposte, non potrebbero avere gli effetti sperati sulla crescita dell’economia”.
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